Quando Saeed Malekpour, un programmatore canadese di origine iraniana, è tornato nel Paese natale per visitare il nonno morente ha avuto una terribile accoglienza: è stato arrestato, torturato e infine condannato a morte. Responsabile di aver prodotto un software utilizzato da un sito porno.
L’uomo è tornato in Iran nel 2008 e da allora, anche dopo la sentenza di condanna della Corte Suprema iraniana del 2010, si trova in cella di isolamento. Le sue confessioni sono state estorte con la tortura e Saeed ha dichiarato che il software non era creato per gestire siti porno.
A seguito dell’intervento diplomatico del Canada, la sentenza di morte è stata annullata dalla Corte suprema nel giugno 2011, che però ora l’ha riconfermata. L’esecuzione, fa sapere il suo legale, potrebbe essere imminente.
“Tutte le attività di mio fratello – ha dichiarato la sorella di Saeed – sono nel rispetto della legge. Lui non ha commesso nulla di illegale. Ha realizzato un programma che poteva essere utilizzato sia da siti immorali che dagli altri. Questo è un processo iniquo”.
Secondo Amnesty International “la Corte Suprema avrebbe dovuto esaminare il caso delle torture subite da Saeed Malekpour invece di confermare la sua condanna. Se lo si tiene prigioniero solo per aver esercitato il diritto della libertà d’espressione, dovrebbe essere rilasciato subito e senza condizioni”.
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