di Francesco Caselli
Il 2011 è stato un anno di cambiamenti segnato da rivoluzioni e tumulti che hanno scosso le dittature dei paesi arabi, che da decenni tenevano saldamente il potere; Osama Bin Laden, numero uno del terrorismo internazionale, è stato scovato e ucciso in Pakistan; le truppe americane si sono ritirate dall’Iraq e il paese ora è vittima di attentati da parte dell’estremismo islamico; referendum popolari hanno portato alla creazione di nuovi Stati come il Sudan del Sud e per tutto l’anno il mondo è stato scosso da terremoti economici e finanziari che hanno accentuato fame e carestia nei paesi del Corno d’Africa. In questo contesto drammatico, ricco di sconvolgimenti sociali, politici ed economici, la situazione dei cristiani è peggiorata, cadendo nel consueto dimenticatoio e risvegliata ultimamente dai fatti della Nigeria.
A gennaio, come ogni anno, l’organizzazione non governativa “Open Doors” (Porte Aperte in Italia), ha stilato una lista dei 50 Paesi caldi dove i cristiani vengono perseguitati, la nota World Watch List, divenuta in questi ultimi anni una preziosa fonte di informazioni per testate giornalistiche di tutto il mondo, oltre che uno strumento di studio per gli osservatori internazionali. Pochi i cambiamenti rispetto all’anno precedente, ma non per questo in positivo, anzi i nuovi fatti del 2011 mettono in mostra la precarietà e instabilità nella quale vivono i cristiani, in particolare nei Paesi dell’Est del mondo. Cosa è realmente cambiato:
La Corea del Nord si conferma per la decima volta al 1° posto tra i Paesi che perseguitano maggiormente i cristiani. Nonostante la morte del suo “Caro Leader”, il dittatore Kim Jong-Il, i cristiani continuano ad essere vessati; infatti il successore, il figlio Kim Jong-Un, sembra essere intenzionato a mantenere la stessa politica del padre e si stima che siano più di 70.000 i cristiani rinchiusi nei terribili lager nordcoreani a causa della loro fede. Nella top 10, almeno 8 nazioni applicano restrizioni dovute a un governo fortemente islamico e integralista come Afghanistan, Iran e Arabia Saudita, mentre più generalmente 32 delle 50 nazioni della classifica sono islamiche. Un forte peggioramento per i cristiani si registra in Pakistan, entrato definitivamente tra i primi dieci posti di questa classifica, e in Sudan, che passa dal 35° al 16° posto. La Nigeria, che vanta per ora il numero più alto di martiri cristiani nel 2012 passa dal 23° al 13° posto.
Preoccupa anche l’ascesa di alcune posizioni dell’Indonesia e dell’Etiopia, quest’ultimo un paese che fino a pochissimo tempo fa rappresentava una via di fuga per i cristiani eritrei racchiusi nei fatali container. Si registrano invece timidi miglioramenti in Buthan, Qatar, Laos, Yemen, Iran e Iraq, quest’ultimo però non tenendo conto degli ultimi attentati avvenuti a fine dicembre 2011. Escono dalla lista invece lo Sri Lanka e Zanzibar, l’attuale Tanzania.
Ancora una volta il 2011 si è confermato per moltissimi cristiani un anno drammatico. Chiusi nelle carceri e abbandonati a loro stessi, i fedeli di Cristo subiscono un martirio silenzioso, avvolti in un assordante silenzio e in balia dei loro aguzzini. Per il 2011 i cristiani si confermano, almeno per alcune nazioni, i nemici numero uno.
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- Dal 2011 raccontiamo il mondo dal punto di vista degli ultimi.
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Dicevo che l’Europa e l’America per ora sono le uniche isole “felici” del cristianesimo. Dico “per ora”, perché anche da noi, nel vecchio mondo più che nel nuovo (ancora fortemente cristiano), in nome del nuovo dio, il laicismo, inizia una subdola persecuzione della croce a colpi di principi egualitari e sentenze più o meno discutibili. Così, la croce, improvvisamente, diventa un simbolo scomodo di cui vergognarsi nelle aule scolastiche e nei Tribunali. Il Natale, festività massima cristiana, diventa la “Festa delle Luci”, per perdere quel senso intimo e profondo legato alla nascita del Salvatore. Un Salvatore, il quale – a quanto pare – ha salvato delle serpi in seno. Ma Gesù è grande e sa perdonare tutti. Intanto però c’è chi continua a crocefiggerlo: un tempo in nome di Cesare e della Romanità, oggi in nome della Laicità.
Sembra assurdo che ancora oggi si muoia a causa della religione professata. In tutte le democrazie la libertà di credo è ormai una conquista consolidata. Dove è inesistente o fortemente limitata è proprio in quei paesi a guida religiosa.
Per ora possono vivere in pace solo in America e nell’Europa, ma forse è solo questione di tempo…
grande!!