I tagli effettuati fin’ora dalla Grecia non bastano alla UE, e così gli aiuti, che fino a ieri sembravano a portata di mano, oggi tornano ad allontanarsi. L’Eurogruppo che doveva tenersi oggi è stato trasformato in una teleconferenza tra gli Stati membri, in preparazione della nuova riunione già fissata per il 20 febbraio. Un’altra data da aspettare per i greci, che il prossimo aprile torneranno alle urne in un momento di fibrillazione sociale. Nel frattempo nuovi impegni in arrivo per soddisfare i parametri dell’Eurogruppo, e lo spettro di un default ordinato che ormai sembra l’esito sempre più probabile.
Ieri dopo la chiusura dei mercati è giunta la notizia che l’Eurogruppo di oggi non si terrà e che gli aiuti ad Atene sono momentaneamente sospesi, in attesa di impegni più concreti da parte del governo di Papademos. Secondo quanto si legge nel comunicato del presidente dell’Eurogruppo Jeran-Claude Junker, il piano di austerity greco, che doveva servire a garantire la tranche di aiuti internazionali da 130 miliardi di euro, necessita ancora di qualche “lavoro tecnico” su alcuni settori. In particolare alcune cose non sono chiare all’Europa: come verranno effettivamente reperiti i 325 miliardi di euro mancanti al piano di riduzione del debito; se le misure concordate siano o meno sostenibili anche in futuro; e, infine, se tali misure saranno mantenute anche dopo le elezioni che sostituiranno il governo tecnico Papademos con un altro. Quanto a quest’ultimo aspetto, i vertici europei vorrebbero un impegno scritto da parte di Atene: pochi giorni fa infatti il leader del partito conservatore Nuova Democrazia, Antonis Samaras, aveva chiaramente affermato di voler rinegoziare il pacchetto di aiuti nel caso venisse eletto a capo della Grecia.
Un’eventualità inaccettabile per l’Europa, che mette Atene alle strette: accettare le condizioni o cadere nel default. Papademos potrebbe perciò cedere sul nodo delle pensioni, e accettare di rastrellare i miliardi mancanti dai trattamenti pensionistici integrativi e dai fondi pensione, oltre che da tagli alla difesa e alla sanità. Resta solo da chiedersi quanto ci metteranno simili misure a far esplodere la guerriglia sociale.
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