Dopo le minacce di rogo apparse su Twitter firmate da Forza Nuova di Milano contro il libricino illustrato Piccolo uovo di Altan e Francesca Pardi, ho iniziato a chiedermi in che misura una favola allegorica con animali potesse “minare” le ideologie di un gruppo di estrema destra. Se ci si pensa, questo accadimento ha dell’incredibile: come può una favola per bambini infastidire così tanto alcuni militanti neofascisti al punto di spingerli a divulgare frasi intimidatorie sulla rete? Certo, ognuno di noi è libero di farsi un’opinione. Non è piaciuta la favola? Benissimo, lo si dica; ma un conto è esprimere un parere basato sul proprio gusto personale, un altro è voler mandare un’opera al rogo solo perché non ci è garbata. E allora c’è qualcosa che non va: e questo qualcosa che non va io lo definisco intolleranza verso la “diversità”. Chi è il “diverso”? E poi diverso “da chi”? Tornerò a parlarne più avanti.
Ora, vorrei analizzare e riassumere brevemente due film che ho visto di recente. Sono due lungometraggi d’animazione giapponese, entrambi non solo molto graziosi, ma decisamente profondi e riflessivi. Cosa c’entrano col Piccolo uovo? Abbastanza, direi, almeno per due motivi: in primis, perché entrambi questi film sono tratti da delle favole che hanno riscosso molto successo nella Terra del Sol Levante; in secundis, perché presentano la stessa tematica: l’incontro con l’alterità, cioè, col “diverso”.
Questi due film sono Arashi no yoru ni (2005) di Gisaburo Sugii e You Are Umasou (2010) di Masaya Fujimori. Del primo film, esiste un’edizione italiana in DVD ( Amicinemici – Le avventure di Gav e Mei); il secondo film si può visualizzare su Youtube in lingua giapponese coi sottotitoli in inglese.
Arashi no yoru ni (Una notte di temporale)– Questo film è tratto da una favola a episodi scritti da Yuichi Kimura e disegnati da Hiroshi Abe tra il 1994 e il 2005. La storia racconta l’incontro tra due nemici giurati della natura: una capretta e un lupo. Durante una spaventosa notte di temporale, un capretto di nome Mei trova rifugio in una capanna abbandonata nel bosco. Poco dopo, giunge un altro ospite altrettanto fradicio e infreddolito: il lupo Gav. Nella capanna è buio e l’umidità copre gli odori: lupo e capra non possono né vedersi né annusarsi, ma nulla vieta loro di parlare e fare amicizia. Dalla loro conversazione nascono divertenti equivoci, basati sul fatto che Mei pensa che Gav sia un capretto, e Gav, viceversa, è convinto che Mei sia un lupo. I due animali promettono di incontrarsi il giorno dopo davanti alla capanna per andare a fare un picnic insieme. Non essendosi mai visti, per riconoscersi decidono di adottare come parola d’ordine “Una notte di temporale”. Il mattino seguente Gav e Mei si trovano faccia a faccia, e le loro identità sono svelate. Dopo un’iniziale sorpresa, decidono comunque di frequentarsi, attribuendo così più importanza alla loro amicizia che non all’istinto animale. Un giorno, il gregge di Mei e la muta di lupi di Gav scoprono questa “illecita” amicizia, e ricattano i due poveretti: per continuare a far parte del clan e non essere ucciso, a Gav verrà chiesto di tradire Mei e a Mei verrà posta un’analoga condizione. I due amici, messi alle strette, decidono di fuggire via, e raggiungere un’altra foresta dove potranno iniziare la loro nuova vita insieme.
You Are Umasou (Sei appetitoso) – L’opera è tratta dalla serie di favole di Tatsuya Yamanishi. Ambientata nel Giurassico, la storia si apre con una mamma dinosauro erbivora che trova un uovo abbandonato di cui decide di prendersi cura. Quando l’uovo si schiude, si scopre che il piccolo è un cucciolo di carnivoro. Nonostante ciò, la mamma decide di allevarlo come se fosse suo figlio, facendogli mangiare solo bacche rosse, sperando così che il figlio non scopra la sua natura carnivora. Ma il piccolo Heart (così è chiamato) non riesce a reprimere il proprio istinto predatorio, e in breve tempo abbandona la madre, il fratellastro Light e segue il richiamo della natura.
Gli anni passano, e Heart si trasforma in un gigantesco e spietato cacciatore. Un giorno anche lui si imbatte in un uovo: dal suo interno, sguscia fuori un cucciolo erbivoro con una corazza molto resistente. “Sei davvero appetitoso!”, esclama Heart e, mentre sta per mangiarlo, il piccolo lo chiama “Papà” e lo ringrazia di avergli dato un nome. “Quale nome?” esclama sorpreso Heart. “Appetitoso!”, risponde il cucciolo. Heart si affeziona presto ad Appetitoso, e decide di allenarlo nella lotta affinché il piccolo sappia difendersi dai carnivori…
Entrambe le favole, come detto in precedenza, nascono dall’incontro con un’alterità (nel caso di Arashi no yoru ni tra una capretta e un lupo, nel caso di You Are Umasou tra due dinosauri, un erbivoro e un carnivoro). I problemi che gli animali devono fronteggiare sono due, e sono sempre gli stessi: la loro natura (l’essere preda e predatore) e il rapporto coi propri simili, con la “società”, diremmo utilizzando termini umani (infatti, in entrambi i film, i clan di lupi, caprette, dinosauri carnivori ed erbivori tendono a ripudiare, minacciare, allontanare, prendere in giro i protagonisti semplicemente perché sono entrati in relazione con un essere diverso da loro). Nel mondo animale, infatti, la discriminazione intesa come “rifiuto di un’alterità” esiste eccome e ha uno scopo ben preciso: la conservazione della specie. Ora, questo punto è molto interessante: si ripudia, si discrimina il diverso per proteggere se stessi e i propri simili. Qui, però, stiamo parlando pur sempre di animali (lupi e capre, dinosauri erbivori e dinosauri carnivori, appartenenti a specie diverse). Ma l’umanità non è forse tutta formata da esseri umani? Dunque, chi sarebbe l’individuo “diverso” che minaccia le altre persone “normali”? Questo “diverso” è presente in ognuno di noi, per il semplice fatto che ogni essere umano è diverso dall’altro. E tutte le favole, benché parlino di animali, si riferiscono a noi uomini, poiché, attraverso dei comportamenti animali, riusciamo a riconoscere i nostri pregi e, più spesso, i nostri difetti e limiti, anche come interagiamo coi nostri simili e tendiamo a discriminarli senza pietà… come se fossimo degli animali.
Da dove è nata in noi l’idea, o meglio la presunzione, che esistano persone “normali” e persone “diverse”, come se avessimo definito e fissato certi parametri di comportamento e pensiero che tutti gli esseri umani devono seguire per sentirsi parte di una “normalità” condivisa e universale? Non sarebbe più semplice accettarsi e riconoscersi nelle nostre differenze che ci caratterizzano come esseri unici e irripetibili? Facciamo più attenzione a quando utilizziamo aggettivi come “normale” e “diverso” nel riferirci alle persone.
E ora torno alla favola di Altan. Avevo parlato di intolleranza verso il diverso. Una volta capito che non esistono persone diverse e persone normali, ma esistono solo persone, non possiamo far altro che preoccuparci delle esternazioni di questi gruppi estremisti (destra o sinistra poco importa), per i quali la realtà è solo bianca o nera (o, per usare i colori corretti, rossa o nera), e tutto ciò che non rientra in questa stretta e deformata realtà costruita coi mattoni dell’ideologia è una minaccia da abbattere, “un’alterità”, appunto, che mina alla base le convinzioni distorte di persone che non hanno capito che vivere in una società significa incontrarsi e scontrarsi continuamente con persone diverse, ma senza mai negare o sminuire il pensiero altrui solo perché non corrispondente al proprio.
I militanti di Forza Nuova sono contro il matrimonio omosessuale? Nessuno gli ha chiesto di sposarsi tra di loro. Ognuno è libero (o, almeno, dovrebbe essere libero) di decidere se, come e con chi sposarsi. Perché ognuno ha delle proprie esigenze, un proprio vissuto, dei propri ideali che non sempre, anzi, quasi mai, coincidono con quelli degli altri. Non per questo possiamo sentirci legittimati a non rispettarci reciprocamente o a minacciare di appiccare roghi se un’idea, un pensiero non condiviso viene espresso liberamente e consciamente da un’altra persona.
Non penso sarebbe un male se anche gli adulti, di tanto in tanto, tornassero a leggere delle favole. Se si è pigri per leggere, due film d’animazione li ho già consigliati.
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