di Rosanna Columella
Le numerose guerre che oggi si combattono in diverse aree del mondo in nome della libertà linguistica, culturale e religiosa ci inducono ad escludere una possibile e pacifica convivenza sullo stesso territorio di gruppi etnici diversi. Tuttavia, esistono valide prove ed esempi che ci invitano ad una prospettiva più ottimistica circa la diversità culturale, etnica e religiosa che abita i confini di uno stesso territorio.
Uno di questi, è senz’altro l’Antakya Civilizations Choral Society (Antakya Medeniyetler Korosu), un gruppo di persone di etnie e religione diverse, unite dalla passione per la musica. Il gruppo è composto da Aleviti, Sunniti, Ebrei, Siriani ortodossi e cattolici e nella sua varietà etnica e religiosa riflette pienamente la diversità culturale di Antachia, l’antica cittadina ellenica, a metà tra la foce del Mediterraneo e dalla frontiera siriana, da cui prende il nome. L’Antakya Civilizations Choral Society è un progetto musicale che si propone come modello di possibile e pacifica convivenza tra gruppi di etnie e religione diversa. L’idea di costituire un coro multietnico nasce a seguito di una prima manifestazione musicale a favore della pace tra Palestinesi e Israeliani, organizzata da alcuni componenti del gruppo. Il successo di questa esperienza matura nei componenti la convinzione e la necessità di dar voce alle minoranze linguistiche e religione che vivono in Turchia. Il direttore d’orchestra Şeyda Koyaş, spiega come il progetto fosse nato per iniziativa dei leader religiosi, per poi accogliere cittadini di ogni gruppo e ceto sociale, dagli insegnanti agli studenti, ai commercianti di frutta secca. Le relazioni fra le vari componenti del coro sono ottime e l’armonia del gruppo è tale da trasmettere efficacemente il proprio messaggio al pubblico. Yılmaz Özfırat, presidente del l’Antakya Civilizations Choral Society afferma: “Nel mondo esiste sono una religione poiché le persone credono in un unico Dio. Il nostro scopo è quello di esprimere l’amore di Dio, l’unica differenza è il modo con cui lo lodiamo: se l’inno degli ebrei è ‘hallelujah’, quello dei Sunniti è ‘La ilahe illallah.’
Azra Cenudioğlu è un ebreo di 55 anni, commerciante di frutta secca. Tre anni fa, piacevolmente colpito dalle idee e dallo scopo del gruppo,ha deciso di partecipare al progetto dell’Antakya Civilizations Choral Society. Fiero della sua scelta, racconta che il suo sogno più grande è quello di organizzare un concerto alla presenza di tutti i leader del mondo, in nome della pacifica convivenza tra gli uomini.
Indra Karakaş è armena. Un giorno, camminando per strada, ha letto una locandina che sponsorizzava l’attività dell’Antakya Civilizations Choral Society. Ha pensato subito che la sua partecipazione al coro avrebbe apportato benefici personali, e le avrebbe permesso di maturare una visione globale e profonda delle problematiche di integrazione che interessano la Turchia. Oggi Indra condivide con il gruppo il sogno di essere un modello di pace ed armonia per il mondo e di cantare alla presenza di tutti i popoli.
Maria Altuney è cattolica e lavora presso un istituto sanitario. Maria è convinta che l’ideale di convivenza del gruppo sia in armonia con il crescente sentimento di tolleranza, diffusosi negli ultimi anni in Turchia. Della stessa opinione è un altro componente del gruppo, Jan Deüller, un prete della Chiesa ortodossa dell’Antachia. Egli ritiene che la tolleranza sia un sentimento funzionale alla composizione multietnica della Turchia, un prerogativa necessaria, e non impossibile, per il benessere di tutta la popolazione.
La partecipazione al coro dell’alevita Şefik Kazar è mossa dal desiderio di un mondo senza guerra e conflitti. Cantando, Kazar immagina di poter raggiungere il cuore di tutti e di riflettere le emozioni di tutte le etnie che il gruppo rappresenta.
Il repertorio musicale dell’Antakya Civilizations Choral Society esprime pienamente lo spirito di fratellanza che il gruppo, attraverso la musica, vuole comunicare: il brano di apertura di tutti i concerti è, infatti, “Kardeş Olun, Ey Insanlar,” (Oh, gente, siate fraterni), testo adattato alle musiche della Nona Sinfonia di Beethoven, nel quale è descritto il messaggio di fratellanza che tutti i profeti hanno comunicato al mondo. Un altro aspetto interessante del repertorio musicale è dato dalla canzone popolare “Sarı Gelin”, le cui origini sono ancora oggi dibattute, tra chi ne rivendica l’origine turca e armena. Al fine di ridurre il dibattito ad una origine comune, l’Antakya Civilizations Choral Society interpreta “Sarı Gelin” sia in turco che armeno. A questi si aggiungono il brano Cristiano- ortodosso “Ya Rahman”; diversi brani del repertorio popolare alevita e inni ebrei, ma anche l’interpretazione alevita e sunnita di “Güzel Aşık”, (Bello Adoratore).
L’Antakya Civilizations Choral Society è un laboratorio di tolleranza fra persone di diverso ceto, cultura e religione, è un modello di speranza e pace per le minoranze di tutto il mondo e per questo motivo la Commissione norvegese lo ha inserito nell’elenco dei candidati al Premio Nobel per la Pace 2012, tra cui figurano il leader dell’opposizione ucraino Yulia Tymoshenko, il cristiano copto egiziano, Maggie Gobran, direttore dell’agenzia Stephen’s Children e il dissidente cubano Oscar Elias Biscet. La candidatura ad un premio così prestigioso conferma l’impegno dell’Antakya Civilizations Choral Society per una rivalutazione sociale e culturale delle minoranze etniche e religiose, presenti oggi in Turchia e per la loro integrazione.
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Bellissima storia, mi ha commosso!