Anche il Marocco combatte contro la sua Tav

di Federica Marsi

L’Italia non è l’unico paese ad essere interessato in questi giorni dalle proteste contro la TAV. Anche il Marocco si oppone alla linea ad alta velocità (TGV) che collegherebbe Tangeri a Casablanca in sole due ore di percorrenza, invece delle attuali quattro e 45. Il progetto è stato definito un “capriccio” di Mohammed VI, che imporrebbe gravosi oneri per la realizzazione di un’opera probabilmente lontana dai reali bisogni del paese.

L’idea di dotare il Marocco di una linea ferroviaria ad alta velocità è stata avanzata per la prima volta nel 2003, quando venne commissionato uno studio preliminare sull’impatto socio-economico del progetto. I risultati non sono mai stati resi pubblici e, quando nel 2007 Mohammed VI ha firmato l’accordo d’intesa con il presidente francese Sarkozy, nessuna valutazione preliminare è stata condotta o citata a garanzia della fattibilità dell’opera. Dei 2,5 miliardi di euro necessari per la costruzione del TGV, entrato nella fase operativa nel 2010, il 4% sarà costituito da finanziamenti a fondo perduto, il 27% graverà direttamente sulle casse del governo marocchino mentre il 69% sarà ottenuto tramite prestiti francesi e delle monarchie del Golfo. Tali prestiti saranno, assicurano gli uffici ministeriali, a “condizioni agevolate”, ma restano pur sempre finanziamenti a tassi variabili e perciò legati alle oscillazioni dei mercato, che potrebbero quindi aumentare la pressione sul debito contratto.

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Ad infastidire i cittadini e le associazioni che si sono mobilitate contro il progetto è anche l’accordo tra Francia e Marocco, conclusosi senza una gara d’appalto che avrebbe certamente portato ad un abbassamento dei prezzi di realizzazione dell’opera e quindi ad una minore onerosità per le casse marocchine. A beneficiare maggiormente dalla realizzazione del progetto sono tre imprese francesi, la SNCF, la RFF e la Alstom. C’è chi dice che uno dei motivi della firma dell’accordo sia il tentativo di stemperare i malumori tra Parigi e Rabat a seguito del fallito acquisto da parte del regno alawita di 25 aerei da combattimento francesi, ai quali sono stati preferiti i modelli americani.

Ad essere contestata non è solo l’onerosità dell’opera, ma anche l’assenza di concertazione con i cittadini e con i parlamento, rimasti all’oscuro fino all’inizio dei lavori. Per cercare di riappropriarsi del diritto ad essere ascoltati, alcune associazioni hanno organizzato la campagna Stop TGV, che ha come obiettivo l’abbandono immediato del progetto e la promozione di nuovi progetti di interesse collettivo. Il TGV, sostiene l’imprenditore Omar Balafrej, mobilitatosi a sostegno della campagna, è un’opera “insensata e gravosa”. La cifra preventivata per il progetto è il doppio di ciò che viene destinato alla sanità e due terzi di ciò che viene speso a favore dei nuovi investimenti e con la stessa cifra si potrebbero costruire 25 centri universitari ospedalieri o 25 mila scuole nelle zone rurali o di montagna. La linea ad alta velocità è invece un progetto che beneficerà solo “quanti potranno permetterselo”, sostiene l’associazione Attac Maroc attraverso il suo portavoce Hassan Akrouid. Il prezzo del biglietto non è ancora stato fissato, ma è legittimo chiedersi in quanti potranno accedere a questo servizi dato che, secondo le stime dell’UNDP, più di un quarto della popolazione marocchina vive con un salario inferiore a 200 euro al mese.

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Il progetto è stato presentato come un beneficio per l’economia nazionale, ma il vero motivo per cui Mohammed VI non è disposto a fare marcia indietro è l’immagine di sovrano moderno che quest’opera gli conferirebbe, nel paese e all’estero. Il Marocco sarebbe il primo paese africano a costruire un treno ad alta velocità, e questo è un primato al quale Mohammed VI non sembra voler rinunciare, nonostante il bilancio negativo registrato dal TGV francese a trent’anni dalla sua inaugurazione. Come documentato dal giornalista Marc Fressoz, le società francesi RFF (Réseau ferré de France) e la SNCF (Société nationale des chemins de fer) hanno accumulato debiti insolvibili, oltre ad aver portato ad un declino negli investimenti sui collegamenti secondari e quindi ad un peggioramento della qualità del servizio nonostante il maggior numero di utenti.


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