di Sandro Santioli
Quello che colpisce appena usciti dalla capitale Windhoek sono i grandi spazi: altopiani, deserti, strade a perdita d’occhio… Spostandomi con un fuoristrada, guidando su piste larghe e diritte, questa incredibile sensazione visiva andava acuendosi di giorno in giorno. Dirigendomi verso la Skeleton Coast, ho puntato ripetutamente gli occhi verso l’orizzonte, credendo di scorgere ad una distanza di pochi chilometri pennellate di azzurro vibrante, come se l’oceano fosse vicino e rilievi che sembravano isolotti. Ma tutto era solo un effetto di illusione, un miraggio.
Provenendo dai villaggi dell’interno, è incredibile trovarsi in cittadine come quelle di Swakopmund, con case e villette all’europea, strade assolutamente linde e ordinate, internet-cafè, testimonianza tangibile della predominante popolazione bianca, in maggior parte tedesca, che gestisce l’economia globale del paese. Il contrasto stridente è tra le immacolate abitazioni europee e le piccole ma dignitose bidonvilles della gente del posto, appena fuori città. A Walwis Bay ho trovato una situazione di dune a ridosso dell’Oceano, insieme a stupefacenti saline multicolori: una sorpresa inaspettata. La zona è luogo di sosta e riproduzione per migliaia di fenicotteri rosa.
Non posso certo non esaltare la più forte attrazione della Namibia: le sue dune, tra le più belle al mondo, con quei loro richiami a linee e movimenti sinuosi, inventate dalla destrezza del vento e della sabbia. Le ho fotografate sotto l’incredibile luce del tramonto e dell’alba, quando il sole basso e radente esalta ogni elemento, creando contrasti significativi, disegni armoniosi e fantastici. Soprattutto nella zona di Sossusvlei si possono apprezzare certe contrapposizioni: il colore caldo della sabbia, le forme sinuose e geometriche delle dune, lo stacco con il cielo blu. Un ricordo a parte merita la Deadvlei: un luogo assolutamente magico, con vere e proprie sculture di alberi fossili in una pianura colorata di bianco, contornata da dune di color arancione cangiante. Si avverte certamente una forte sensazione di sacralità.
A Cape Cross abbiamo assistito ad uno spettacolo unico: qui vive la colonia di foche più grande al mondo. La fredda corrente del Benguela porta infatti cibo in abbondanza in questo tratto di costa. Qui le foche arrivano in grandi quantità per riprodursi. Il rumore dell’oceano che sbatte contro gli scogli, i brontolii, i richiami dei cuccioli, nonché l’odore nauseabondo, hanno reso memorabile questo affascinante angolo namibiano. Nell’accidentato angolo a nord-est del paese, delimitato dal fiume Kunene e dall’Angola, vivono gli Himba, una popolazione semi nomade, suddivisa in tanti villaggi. Sono pastori discendenti dagli Herero, rifugiatosi in Angola per sfuggire alle aggressioni dei Nama, nel IX secolo.
In cambio della possibilità di fotografarli, offriamo beni di prima necessità al Capo Villaggio che poi li distribuirà all’interno della comunità. La vita Himba è un salto nel passato: capanne dal tetto di paglia e pareti formate da piccoli tronchi, sterco e fango, un recinto per gli animali (kraall) e fuochi alimentati in continuazione. Tutto il villaggio è protetto da rami spinosi e tronchi per evitare le aggressioni dei felini durante la notte. Gli Himba accolgono con curiosità e cordialità. Nei villaggi durante le ore diurne si incontrano per lo più donne e bambini.
Le donne si coprono il corpo con solo una gonnellina di pelle di capra, spalmandolo con un mix di grasso, ocra rossa ed erbe. Le giovani invece si riconoscono perché portano due trecce rivolte in avanti e, dopo la pubertà, legano i capelli intrecciati che impastano con grasso ed ocra. Le donne sposate hanno un adorno di antilope e monili di rame e ferro, oltre che braccialetti e collane in osso e conchiglia. L’Etosha Park (44.000 Kmq) è in gran parte un territorio piatto e desertico con al centro l’Etosha Pan o “lago senz’acqua”, dove si raccolgono le acque dopo le grandi piogge.
Ci sono dei piccoli laghi artificiali dove si ha la possibilità, soprattutto durante la notte, di ammirare svariate razze di animali che vanno ad abbeverarsi costantemente. Infatti l’Etosha è considerato forse il luogo migliore per l’osservazione della vita selvaggia, dato che ha dislocati molti punti di osservazione privilegiati, senza il pericolo di interferire con il lento scorrere della fauna africana. Ho trascorso un paio di giorni ininterrotti nel parco, avendo la possibilità di osservare gli animali nei vari momenti della giornata. Penso che la Namibia sia uno di quei luoghi dove la solitudine dei grandi spazi non opprime e si ha la sensazione di trovarsi in profondo contatto con Madre Natura.
Nato e residente in Toscana, Sandro Santioli è uno dei fotografi italiani più conosciuti e apprezzati nella fotografia di paesaggio e colore in genere. Il suo lavoro spazia dal reportage alla foto “creativa”. Collabora spesso con riviste geografiche e di viaggi (National Geographic, Geo, Meridiani, Belleuropa, Bellitalia e altre) e le sue immagini sono pubblicate su quotidiani e magazines in Italia e all’estero. Le foto di Santioli sono utilizzate a corredo di campagne pubblicitarie e siti, e pubblicate per la produzione di libri, brochures, calendari, posters, cartoline.
Dal 1994 insegna regolarmente in photo workshops, photo tours e corsi di fotografia in Italia e all’estero. In questo settore è uno dei fotografi italiani più apprezzati e stimati e collabora con organizzazioni private e istituzioni pubbliche. È rappresentato dalle seguenti agenzie: Luz Photo Agency, Corbis, Simephoto, Focus and Contacto, che distribuiscono le sue immagini e ne promuovono l’attività espositiva.
Rubrica a cura di Teodora Malavenda
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