La pistola giapponese che impedisce di parlare

di Maria Chiara Rizzo

Sembra pura fantascienza e invece è l’ultima invenzione proveniente dal Giappone. E’ una macchina, o meglio una pistola, ma non spara pallottole. Seppure un po’ lontano dall’immaginazione comune, il ritrovato tecnologico è destinato ad impedire alla persona verso cui è puntato di proferire parola, se a una distanza pari o inferiore a 30 metri. I ricercatori giapponesi spiegano che il dispositivo può essere usato nelle biblioteche e in ogni altro luogo in cui la regola imprescindibile è il silenzio. Ma l’utilità della pistola che “fa tacere”- indicano gli inventori- si rivela anche in un’altra applicazione. Infatti, sembrerebbe che l’aggeggio sia stato messo a punto anche con l’intento di impedire voci più imponenti, per tono e personalità di chi parla, di sovrastare altri interlocutori che prendono parte alla conversazione. La pistola servirebbe a garantire il silenzio e a fare rispettare i turni, evitando discorsi prolissi oltre i tempi consentiti e interruzioni arbitrarie.

Il dispositivo sfrutterebbe un meccanismo noto agli psicologi con il nome di Delayed Auditory Feedback (DAF): attraverso il microfono direzionale vengono registrate le parole della persona verso cui è puntata l’arma, che saranno poi restituite con un ritardo di 2 secondi dal momento in cui sono state pronunciate. Secondo i ricercatori giapponesi il DAF crea un fastidio, non fisico, che mette sotto stress la mente per cui il parlante è indotto a tacere.

Il dibattito che si sviluppa intorno all’invenzione nipponica è principalmente sulla democraticità del dispositivo e dei diversi usi in cui l’aggeggio può trovare applicazione. La libertà di espressione, così, è minata e messa alla mercé di chi, in maniera del tutto arbitraria e coatta, ha il potere di impedire all’interlocutore di manifestare il suo pensiero. Nel web molti critici palesano la propria disapprovazione e le preoccupazioni per un eventuale utilizzo a scopo politico, tornando all’instaurazione di una forma fortemente coercitiva di totalitarismo che nega le libertà individuali del cittadino. E cosa succederebbe se la polizia entrasse in possesso del dispositivo? Quali garanzie per le libertà fondamentali?


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