Acqua nascosta, il tesoro segreto dell’Africa

di Paola Totaro

Da anni si dibatte in merito alle sempre più limitate risorse idriche del nostro pianeta. Lodevolmente, anche se forse tardivamente, si è preso coscienza di quanto importante sia l’argomento “acqua” ai fini della nostra stessa sopravvivenza. La distribuzione di acqua dolce sulla terra è così ripartita: per il 79% calotte glaciali e ghiacciai, 20% acque sotterranee, 1% acqua dolce in superficie facilmente accessibile.

Ai primi posti per quantità pro capite troviamo il Sud America e l’Oceania, dove la quasi totalità dei Paesi ha una disponibilità d’acqua dolce per persona compresa tra 10.000 e 50.000 metri cubi l’anno, come nel settore settentrionale dell’Asia (l’ex Unione Sovietica). Subito dopo per ricchezza d’acqua troviamo il Nord America, con il “gigante idrico” canadese, con oltre 50.000 metri cubi annui disponibili per ogni abitante, e gli Stati Uniti, con 5-10.000 metri cubi, a fronte di una popolazione quasi dieci volte maggiore.

Con meno di 2.000 metri cubi per abitante l’anno, l’Africa è tra le zone più assetate. Non per la mancanza di bacini quanto per la difficoltà di accesso alla risorsa idrica. Un nuovo studio scientifico ha però aumentato le stima sulla quantità di acqua sotterranea presente nel Continente. Si tratta della ricerca pubblicata dalla rivista Enviromental Research Letters: il primo studio su scala continentale delle riserve idriche del sottosuolo africano: 100 volte più ampie di quanto si pensasse finora.

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Un team di quattro scienziati, basandosi sulla raccolta di dati fino ad ora dispersi e sull’esame di mappe e rilevamenti forniti dai governi nazionali e studi geologici e geografici, ha condotto una ricerca su 283 differenti bacini idrici. Gli studiosi hanno valutato che le riserve di acqua potabile nel sottosuolo africano ammontano ad oltre mezzo milione di chilometri quadrati, con range variabile tra 0,36 e 1,76 milioni di chilometri quadrati. Ovvero, 20 volte la quantità di acqua dolce contenuta nei laghi africani.

La distribuzione di questi bacini sotterranei non è uniforme nel continente: le maggiori si trovano sotto i paesi nordafricani e del Sahel, che sono anche quelli più a corto di acqua: Algeria, Libia, Egitto, Niger, Ciad e Sudan occidentale, proprio le zone che cinquemila anni fa erano ricchissime di risorse idriche. Queste nazioni inconsapevolmente vivono su un enorme bacino acquifero custodito dalle sabbie del deserto del Sahara, profondo 75 metri.

Il secondo grande bacino è stato localizzato tra la Repubblica democratica del Congo e la Repubblica centrafricana, mentre il terzo si trova nel sud, a cavallo di Namibia, Botswana, Angola e Zambia. MacDonald, H. C. Bonsor, B. É. Ó Dochartaigh e R. G. Taylor, della British Geological Survey di Edimburgo e del Dipartimento di geografia dell’University college di Londra, introducendo il proprio saggio hanno avvertito che “non tutta quest’acqua è facilmente raggiungibile per l’estrazione”, ma hanno anche aggiunto che in molti paesi africani, pozzi “opportunamente collocati e adeguatamente costruiti” possono sopportare un cospicuo aumento dell’estrazione idrica”. “Con pause inter-annali per ricaricare le riserve”, che in alcuni casi hanno una “età ciclica” compresa tra 20 e 70 anni, al ritmo attuale di basso e talvolta bassissimo sfruttamento.

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La mappa creata dagli scienziati mostra che uno dei problemi maggiori sarebbe l’estrazione dell’acqua “su larga scala” per rispondere alle esigenze idriche delle grandi città in espansione, evitando di compromettere la tenuta dei bacini. Sarebbe quindi auspicabile arrivare ad una “valutazione più realistica della sicurezza idrica e dello stress idrico, attraverso più accurate analisi regionali e locali”, necessarie anche per tenere nel debito conto il differente livello dei bacini, che, per esempio, nel Sahara, arriva fino a 250 metri di profondità.

Il passo successivo sarebbe cercare di capire come si formano queste falde ed il collegamento che esiste tra di loro. In un continente dove 300 milioni di persone non ha accesso stabile all’acqua potabile e dove solo il 5 per cento delle terre coltivabili è regolarmente irrigato, scoprire di poterne disporre in grandi quantità è ovviamente una buonissima notizia. L’augurio è che questo prezioso tesoro sotterraneo possa essere razionalmente gestito per evitare un iper-sfruttamento ed un veloce esaurimento dei bacini prima che si possano naturalmente ricostituire.


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