Ispirò il movimento studentesco per la democrazia (represso nel sangue col massacro del giugno 1989 su piazza Tienanmen) lo scienziato cinese Fang Lizhi, morto ieri a 76 anni in Arizona, dove insegnava fisica all’ Università di Tucson. Wang Dan, tra i leader della protesta studentesca e ricercato numero uno dal regime cinese dopo il massacro, ha affermato che “nessuna parola può esprimere il lutto” e che lo scienziato “ha ispirato la generazione del 1989 e ha risvegliato il desiderio del popolo per i diritti umani e la democrazia”.
I dirigenti del Partito Comunista Cinese (Pcc) che decisero di far intervenire l’ esercito contro gli studenti, primo fa tutti l’ allora indiscusso leader Deng Xiaoping, lo accusarono di essere la «mano nera» dietro alla ribellione studentesca, aggiungendo, pur senza mai essere in grado di provarlo, che agiva per conto di “forze straniere ostili” alla Cina. Fang si era già messo in cattiva luce con i dirigenti del Partito, dal quale era stato espulso nel 1987 dopo il licenziamento del segretario riformista del Pcc Hu Yaobang, col quale aveva collaborato. Nel 1986 Fang, che era un astrofisico, sostenne apertamente che la scienza doveva essere indipendente e non guidata dalla teoria marxista.
L’ anno seguente, accusò il Pcc di non aver “alcun successo da esibire” dopo essere stato al potere per 40 anni. Infine nel gennaio del 1989, prima dell’ esplosione del movimento di protesta, chiese con una lettera a Deng di liberare Wei Jingsheng, il dissidente che dieci anni prima aveva promosso il “muro della democrazia” e che da allora era in galera. Wei è stato rilasciato nel 1997 e da allora vive in esilio negli Usa. Nei mesi seguenti Fang Lizhi non partecipò direttamente alle proteste ma espresse con chiarezza il suo sostegno ai giovani che si battevano per la democrazia. Dopo il massacro lo scienziato, minacciato dai sostenitori del governo, si rifugiò con la moglie Li Shuxian – anche lei accusata di aver sobillato gli studenti – nell’ Ambasciata americana di Pechino, dove rimase per un anno prima che gli fosse consentito di espatriare. La sua morte cade nel momento nel quale, per la prima volta dal 1989, le divergenze interne al Pcc sono emerse con il siluramento di Bo Xilai, il leader “neomaoista” della metropoli di Chongqing. Secondo alcuni, l’ emergere dello scontro tra le varie fazioni comuniste potrebbe portare, in un futuro non lontano, a riaprire la discussione sui fatti di piazza Tiananmen.
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