Ricchezza e felicità non sempre convivono. Lo stanno sperimentando i cinesi che sono sempre più ricchi ma allo stesso tempo sempre più tristi.
La condizione del Paese più popoloso al mondo, con i suoi 1,3 miliardi di abitanti e che sta vivendo un vero boom economico, è stata rivelata da uno studio di Eichard Easterlin, professore dell’università della California del Sud. Easterlin è considerato fra i padri dell’”economia della felicità”, il campo che analizza il livello di soddisfazione degli individui come indicatore dello sviluppo del Paese.
A differenza dell’Europa post bellica che negli anni ‘50 insieme alla ripresa economica vide anche un aumento della soddisfazione individuale, livellatosi nel corso dei decenni, in Cina le cose stanno andando diversamente, nonostante il reddito pro capite sia di fatto quadruplicato tra il 1990 ed il 2010. Sembra che la mancanza di sicurezza e serenità derivi dai sempre più difficili rapporti – una volta invece molto vivi – con le famiglie e le amicizie nelle campagne, un collegamento che offriva protezione e garantiva una relativa uguaglianza sociale.
Ora la corsa verso le grandi città ha causato il progressivo sfaldamento delle relazioni con i paesi d’origine; nonostante l’economia sia in crescita, la disoccupazione dilaga fra gli operai e le differenze tra i ricchi ed i poveri sono sempre più evidenti. Per evitare che la situazione venga a galla ufficialmente, il regime ha deciso di non pubblicare i dati del rapporto sulla distribuzione della ricchezza nel paese, atteso ormai da oltre 10 anni.
Lo studio effettuato dal professore statunitense e pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, ha utilizzato come base di partenza alcuni sondaggi effettuati tra la popolazione cinese nel 1990 e ne ha riproposto ora di simili ad alcune migliaia di persone. Le percentuali parlano chiaro: i cinesi che si definivano soddisfatti della propria vita – nella fascia più povera – erano il 65% e ora sono il 42%. Tra i più ricchi la soddisfazione individuale è aumentata, ma non nella maniera che ci sarebbe aspettati: si è passati infatti dal 68% del 1990 a 71% del 2010.
Risulta evidente che una volta la soddisfazione personale era pressoché la stessa sia per i poveri che per i ricchi. Ora invece si è creato un solco tra le due fasce sociali, che dati i ritmi di crescita tenderà ad ampliarsi nel futuro.
Paola Totaro
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