Continua ad essere rinnovato, con fermezza, lo sciopero della fame che dalla metà di aprile coinvolge circa 1.600 palestinesi detenuti in Israele per reati legati all’Intifada. Tra questi, stando alla stampa palestinese, due reclusi sono in condizioni di salute che destano molta preoccupazione. Altri dieci sono stati ricoverati nei giorni scorsi.
La situazione preoccupa anche la stampa israeliana: il quotidiano Yediot Ahronot afferma che la situazione è esplosiva e che rischia di uscire di controllo qualora uno dei detenuti dovesse morire. In un comunicato diffuso la scorsa notte (citato stamane con grande evidenza dalla stampa nei Territori), i dirigenti della protesta smentiscono che negli ultimi giorni si siano registrati progressi nella vertenza con il servizio carcerario israeliano e ribadiscono di essere determinati a portare avanti a oltranza la propria protesta. I detenuti esigono, fra l’altro, la revoca immediata dell’ isolamento imposto ad alcuni dei loro dirigenti; la ripresa delle visite ai detenuti i cui familiari risiedono a Gaza; la possibilità di seguire corsi scolastici a vario livello e programmi informativi alla televisione; l’abolizione degli «arresti amministrativi».
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