Sono stati tratti in arresto nella serata di sabato 28 aprile a Nouakchott, in Mauritania, Biram Dah Abeid, presidente dell’IRA (Initiative de Resurgence du mouvement Abolitionniste de Mauritanie) e gli attivisti Abidine Maatalla e Diarra Jacoub. Da anni l’organizzazione si batte contro la schiavitù ancora praticata nei confronti degli haratin. Il giorno prima dell’arresto, i militanti dell’IRA avevano dato luogo ad un’azione dimostrativa nella moschea di Nouakcott durante la quale, in segno di protesta contro il rito malikita e la pratica della schiavitù, hanno dato simbolicamente fuoco ad alcuni testi della giurisprudenza islamica. Testi che, come ha affermato in un intervista rilasciata poco prima dell’arresto, Dah Abeid considera “un riferimento per una letteratura negriera alla quale i gruppi dominanti hanno impresso il marchio dell’islamismo nel corso degli ultimi secoli. L’Islam non ha niente a che fare con queste pratiche schiaviste inumane e ignobili alle quali gli schiavi e i neri sono stati sommessi”. “Se la schiavitù è proibita dal parlamento mauritano, – continua Dah Abeid, ex schiavo egli stesso – questo vuol dire che il parlamento mauritano deve proibire questi libri che fanno apologia dello schiavismo, quella stessa apologia che è stata condannata dalle leggi che i deputati in persona hanno votato. Questa è ipocrisia”.
L’abolizione della schiavitù nello stato mauritano – del 1981- e la successiva penalizzazione del 2007 contemporanea alla prima elezione presidenziale democratica non hanno mai realmente coinciso con la fine del fenomeno della schiavitù, in particolar modo verso il popolo haratin. La situazione si è ulteriormente aggravata con il colpo di stato militare del 6 agosto 2008. “L’articolo 2 di questa legge di abolizione (il cui decreto applicativo non è stato mai varato) – affermò il leader dell’IRA nel 1981 commentando le legge – recita: ‘Lo Stato risarcirà gli aventi diritto’, aventi diritto che altri non sono se non i padroni degli schiavi, ai quali si è promesso una contropartita per l’abolizione. Dunque questa abolizione paradossalmente è stata un riconoscimento de facto e de iure della legittimità e della sacralità della schiavitù in Mauritania. Così i padroni hanno continuato bellamente a tenere sequestrata una numerosa popolazione servile, reclamando crediti verso lo Stato, alla luce di questa abolizione che si è trasformata in ordinanza di sequestro degli schiavi”.
La condanna da parte del governo e delle istituzioni religiose mauritane è stata decisa. “Queste erano le opere più autentiche dopo il libro di Dio e il Mouwatta de Mâlik”, ha dichiarato l’Imam ach-Châfi’i. Per il gesto sacrilego è stata richiesta a gran voce, da una folla di manifestanti sotto il palazzo presidenziale, un punizione esemplare. E’ diffusa la paura che gli attivisti saranno condannati a morte.
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