di Federica Marsi
La manifestazione del 1° maggio a Tunisi si è svolta in un’atmosfera di festa, nonostante le tensioni previste in seguito alla dura repressione da parte delle autorità durante il corteo del 9 aprile. I manifestanti hanno abbandonato per un giorno le appartenenze politiche per riunirsi come lavoratori sotto le bandiere dei sindacati. Più di tre mila persone, tra cui un gran numero di giovani e bambini, sono scese in strada per manifestare pacificamente in un clima disteso che ricorda quello del 14 gennaio, anniversario della cacciata dell’ex presidente Zine El-Abidine Ben Ali.
I manifestanti hanno espresso il desiderio di superare le divergenze politiche che dividono la Tunisia scandendo slogan come “la gente vuole l’unità nazionale” e “la Tunisia per tutti i tunisini”, e liberando in cielo palloncini rossi e bianchi, simbolo dell’unità nazionale. Nessuna tensione anche con le forze dell’ordine, rimaste ai margini del corteo. Alcuni manifestanti hanno lanciato rose alle forze di polizia stanziate davanti al ministero degli esteri, divenuto durante la rivoluzione il simbolo della dittatura e della repressione.
Gli analisti tunisini avevano previsto per il 1° maggio uno scenario simile a quello del 9 aprile, la festa in memoria dei “martiri” vittime della repressione da parte dei francesi nel 1938. In quest’occasione, le strade si sono riempite di manifestanti intenzionati a commemorare ma anche a ribellarsi al decreto imposto dal governo il 28 marzo, che revocava ai cittadini il diritto di manifestare in Avenue Habib Bourguiba. Contrariamente a quella del 1° maggio, la manifestazione del 9 aprile non aveva ricevuto il permesso dal governo, che ha mobilitato le forze dell’ordine per disperdere i manifestanti con lacrimogeni e manganelli, ferendo 15 persone. Nadia Nasraoui, avvocato e militante per i diritti dell’uomo, si è detta “scioccata dalla brutalità delle forze dell’ordine”, mentre Mokhtar Trifi, ex presidente della Lega tunisina per i diritti dell’uomo, ha ricordato che “le persone che la rivoluzione ha portato al potere sono oggi quelle che ci impediscono di manifestare”. Alle accuse rivolte al governo, il ministro dell’Interno ha dichiarato che “non lascerà che si crei il caos”.
A preoccupare gli analisti è anche il clima di disagio che si respira in Tunisia a causa dell’innalzamento dei prezzi e del costo della vita, che ha portato ad un drammatico abbassamento del potere d’acquisto dei cittadini. Il segretario generale dell’UGTT, Hussein Abbasi, ha tenuto un discorso in occasione della festa dei lavoratori per assicurare che i sindacati stanno negoziando col governo per arrivare a delle politiche condivise per lo sviluppo economico della regione. Tanti manifestanti, avvolti nelle bandiere tunisine, hanno marciato chiedendo al governo “lavoro, libertà e dignità nazionale”. In conclusione al suo discorso, Abbasi ha ricordato le difficoltà dei “fratelli palestinesi”, tema sensibile per molti tunisini che criminalizzano la decisione del nuovo governo di normalizzare i rapporti con Israele.
Ad alimentare le preoccupazioni ha contribuito l’avviso da parte di uno dei dirigenti del PCOT, partito comunista tunisino, secondo il quale alcuni membri del PCOT e del Watad avevano in programma di accendere i toni della manifestazione introducendovi simboli politici. Contrariamente a quanto prospettato, la manifestazione si è mantenuta apolitica, fatta eccezione per alcuni sostenitori del partito maggioritario En-nahda, che hanno intonato slogan come “con la nostra anima e il nostro sangue difenderemo il governo”.
C’è chi, come Lina Ben Mhenni, blogger tunisina aggredita dalle autorità durante le manifestazioni del 9 aprile, crede che nulla sia cambiato: “Nel governo c’è corruzione a tutti i livelli e nonostante le nostre denunce sono tornati gli stessi picchiatori dei tempi di Ben Alì.” “Forse rispetto a prima possiamo esprimere le nostre idee, ci siamo liberati delle passate paure, prima non si poteva nemmeno parlare, ma sostanzialmente la situazione non è cambiata”. Fortunatamente questo 1° maggio di festa sembra aver ridato anche qualche speranza: secondo Nadhia Nasraoui, lo svolgimento pacifico della manifestazione “è la prova che quando non c’è repressione tutto si svolge tranquillamente”.
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Ancora una volta il Nord Africa ci anticipa. Dopo la rivolta si sente il bisogno di unità nazionale e di pace, con la consapevolezza che tutti dovranno fare la loro parte soffocando interessi personali e corporativi.
Il mondo sta cambiando e contrariamente al passato i cambiamenti dovranno essere pacifici e ponderati, solo così avremo maggior benessere e opportunità per tutti, soprattutto per i giovani di ogni razza e religione.