Maria Tv, che prende il nome da una della mogli di Maometto, è la prima tv egiziana formata esclusivamente da donne in niqab, la prima a permettere alle donne religiose di accedere al mondo televisivo. “L’obiettivo del canale è di mostrare alla società che ci sono donne in niqab che sono attive, possono avere un ruolo nella società e avere successo, essere medici, ingegneri o personalità dei media”, ha detto Abeer Shaheer, una delle presentatrici del programma.
C’è chi considera questo progetto un segnale dell’affermazione dei religiosi, già conclamata attraverso la vittoria elettorale dei Fratelli musulmani e chi invece lo vede come un segnale di modernizzazione da parte dei Fratelli musulmani ora che hanno ottenuto il potere. Abu Ishak el Houeini, intervistato dall’emittente satellitare Dream, ha criticato il programma definendolo “insensato” e contrario alla sharia. “Anche se le donne compaiono in tv interamente coperte dal velo, che lascia loro scoperti solo gli occhi, è il fatto di vedere delle donne in tv che è inaccettabile”.
L’integralista Mohamed Abdel Maksoud, durante la trasmissione “al Hakikam”, ha commentato così il progetto di Maria tv: “Non capisco perché una donna debba essere vista in video e a mio giudizio c’è una solo motivo. Dire al mondo intero: “guardatemi”. Le donne non compaiono in video per garantire un lavoro che gli uomini non sono in grado di fare, bensì per seguire il modello dell’occidente ateo”. La comparsa delle donne in tv viene vista come un pericolo da evitare poiché nella sunna e nel Corano lo sguardo femminile è considerato fonte di seduzione.
Immediata la replica di Alaah Ahmed, direttrice esecutiva dell’emittente che ha affermato che le donne in niqab hanno il diritto di avere emittenti che le rappresentino. “Quello che dice Houeini – ha detto la giornalista – non è un obbligo per noi. Sono convinta che le nostre trasmissioni servano la religione”. La presenza delle donne sui media sta avendo un grande sviluppo anche in altri paesi del Medioriente.
In Iran ad esempio i programmi condotti da donne sono numerosissimi. Poche settimane fa però Ezatollah Zarghami, direttore della tv di Stato “Irib”, ha vietato il trucco per tutte le conduttrici affermando che “il make up è illecito e contrario alla legge islamica e le donne truccate non rispettano gli insegnamenti della sharia. In tv non dovrebbe apparire nemmeno una donna col trucco”.
In Afghanistan hanno molto successo le soap opera che hanno come protagoniste delle donne. “I segreti di questa casa” è la prima fiction locale prodotta per Tolo Tv, vista dal 45% del pubblico su un totale di affezionati al piccolo schermo pari al 50%. Altra trasmissione importante è “Niqab”, trasmissione afgana partita pochi mesi fa, dedicata alla violenza sulle donne. In ogni puntata è presente una donna, molto spesso minorenne, che, a volto coperto, racconta delle violenze subite tra le mura domestiche. A gennaio ha fatto scalpore la storia di una bambina di 13 anni venduta dalla famiglia per 1000 dollari e poi torturata dal marito ed i parenti.
Secondo l’AIHRC (Afghanistan Indipendent Human Rights Commission), nel 2011 sono state 2765 le segnalazioni di violenza contro le donne: in 144 si trattava di auto-immolazioni, in 261 di tentativi di suicidio, in 237 di matrimoni forzati, in 538 di percosse e in 45 di omicidi. Secondo Nader Naderi, commissario dell’AIHRC, “l’inadeguato accesso alla giustizia è la causa principale dell’aumento della violenza: finché non verranno applicate le leggi fondamentali, questo flagello non potrà essere eliminato. È necessario che anche nelle scuole religiose si insegni il rispetto per il mondo femminile”.
Le registe afgane Roya e Alka Sadat, hanno fondato un’associazione al femminile, la “Casa della Cultura”, attraverso cui proiettare documentari e testimonianze di donne che lottano per i propri diritti. “La maggior parte della popolazione non può accedere neanche ai giornali. Il cinema è il mezzo ideale per informare”, ha detto Roya.
Susanna Orlandi
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