‘Te iubeste mama!’, vincere la depressione di badanti che lasciano figli nel loro Paese


di Stefano Romano

foto di Stefano Romano

La Sindrome Italia è una forma depressiva acuta che colpisce le lavoratrici dell’Est Europa, soprattutto moldave e romene, che raggiungono l’Italia per accudire le nostre famiglie e lasciano i propri figli senza poterli vedere per anni. Questa Sindrome è stata diagnosticata la prima volta nel 2005 da due psichiatri di Ivano-Frankivs’k, una piccola città ucraina: Kiselyov e Faifrych, i quali riscontrarono i primi casi di una grave forma depressiva dalle origini sociali in donne che lavoravano all’estero. Non a caso si parlava del 2005, ovvero tre anni dopo la sanatoria del 2002 che portò a regolarizzare molte lavoratrici domestiche.

Il nome “Sindrome Italia” deriva proprio dal fatto che il nostro Paese è quello con il numero più alto di badanti in Europa. E si configura come una gravissima forma di depressione originata da almeno due fattori, entrambi riconducibili ad una crisi di identità; queste donne non si percepiscono più come ‘buone madri’ (si vedano a proposito gli studi di Joyce McDougall) per la prolungata lontananza dai propri figli, e per una crisi di identità relativa alla loro nazionalità dovuta allo smembramento della terra d’origine. Questa forma depressiva colpisce sia le badanti in Italia che i figli nelle loro terre di provenienza. Bambini ancora in fase pre-adolescenziale si tolgono la vita per il peso insostenibile della lontananza: sono chiamati gli “orfani bianchi”. Silvia Dumitrache è una donna romena che vive a Milano. Da una sua idea è nato un progetto in collaborazione con le biblioteche comunali, in grado di dare un aiuto concreto a queste madri e cercare di arginare la sofferenza procurata dalla lontananza. L’abbiamo incontrata.

Silvia Dumitrache

Raccontaci un po’ di te: chi sei, da dove vieni. Che formazione di studi hai avuto nel tuo paese d’origine.

Buongiorno a voi, sono molto contenta dello spazio che mi concedete. Grazie. Sono Silvia Dumitrache, donna romena, mamma, lavoratrice, presidente di un’associazione e coordinatrice di un progetto umanitario. Vengo dalla Romania e dopo essermi diplomata al Liceo Umanistico “I.L.Caragiale”, a cui sono seguiti altri vari corsi di formazione e specializzazione, ho lavorato per 21 anni nella redazione della rivista “Filatelia” (Federazione Filatelica Romena), dei quali 12 anni come redattrice.

Quando, come e perché sei arrivata in Italia?

Sono arrivata in Italia per amore, nel 2002: mio figlio aveva bisogno di cure specifiche impossibili da seguire in Romania. Per fortuna ora sta meglio.

Come sono stati i primi anni in Italia?

Non è un bel ricordo, avevo persino paura di uscire per strada. Senza avere alcun punto di riferimento, né informazione, lontana dalla famiglia e del Paese di origine, è stato veramente difficile. Ma ero arrivata per una motivo importante e vitale, quindi mi sono data da fare e ho seguito il primo corso di cui ho trovato informazioni (un grande cartello fuori al supermercato su Operatore multimediale della Regione Lombardia). Dopo 8 mesi di studio, ho cominciato le mie esperienze lavorative in Italia: operatrice call-center, segretaria nel sociale e nella sanità, mediatrice culturale…

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Hai riscontrato pregiudizi nei tuoi confronti, o ci sono stati particolari episodi spiacevoli causati dal tuo essere immigrata?

Oh, si, purtroppo. A cominciare dall’incubo delle ore e ore di coda in Questura per il Permesso di soggiorno (allora richiesto), in uno spazio ghiacciato d’inverno e poco accogliente anche d’estate; continuando con un episodio di bullismo su mio figlio da parte di alcuni dei suoi compagni di classe, che lo ha portato d’urgenza al pronto soccorso. Brutti e dolorosi ricordi, preferisco parlare di altro.

Come si chiamano le associazioni di cui fai parte e di cosa si occupano?

Nel maggio del 2011 ho fondato l’Associazione delle Donne Romene in Italia – A.D.R.I., organizzazione di promozione sociale che si propone di svolgere attività di utilità sociale e di valorizzare e supportare la condizione femminile, dell’immigrata romena, nella vita familiare e professionale e il suo positivo contributo al processo di integrazione nella società italiana. (Visita il sito dell’Adri)

Come è nato il tuo progetto “Te iubeste mama/La mamma ti vuole bene”?

Nel ottobre del 2010 ho visto su RAI3 il documentario “A casa da soli”, in cui si raccontava del suicidio di alcuni ragazzini romeni a seguito della lontananza e del desiderio di essere vicini alle madri venute a lavorare in Italia. Verso fine dicembre Facebook mi ha mandato il classico messaggio: “Che cosa vorresti per il tuo compleanno?” ed io mi sono decisa a fare qualcosa affinché questa tragedia non si ripetesse. Perciò ho guardato che cosa avevo intorno come strumenti: un computer, le mie conoscenze, i miei amici e la famiglia su Skype, in più il mio desiderio di aiutare questi bambini e le loro mamme. Il risultato: un progetto di comunicazione audiovisiva gratuita – attraverso Skype – nelle biblioteche pubbliche tra le mamme/genitori che si trovano in Italia al lavoro e i loro figli in Romania. Lo scopo principale è quello di prevenire e diminuire il numero di omicidi, suicidi e casi sociali tra i bambini rimasti in Romania, che gli italiani chiamano “orfani bianchi”. Il progetto si propone altresì di migliorare la vita psichico emozionale dei bambini, delle mamme/genitori, nonché delle persone che rimangono a casa, e di mantenere i legami con la madrepatria.
Il progetto l’ho fatto partire prima come una causa su Facebook (nei primi di Gennaio del 2011) denominata “Te iubeste mama!” (La mamma ti vuole bene) – cosi come io ripeto sempre a mio figlio. Siamo partiti in 3: mia sorella, un mio amico d’infanzia ed io; ad oggi siamo più di 8.600 sostenitori.

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Questa è una delle storie presenti su Ripartire, il libro di Frontiere News – in collaborazione con Amnesty – disponibile su carta (5 euro) e in formato elettronico (2 euro). Ordina la tua copia, contribuirai alla difesa dei diritti umani nel mondo!

Quali sono state le difficoltà più grandi che hai riscontrato nel portarlo avanti, e quali i successi?

Se avessi avuto una sede per la nostra associazione, se il progetto avesse avuto un minimo di rimborso spese avrei avuto più collaboratori e sarebbe stata più efficace la nostra attività di aiutare le persone, e di contribuire in questo modo a mantenere in vita i legami naturali, basilari e necessari tra i membri della famiglia, diminuendo quindi il rischio dei traumi e contribuendo alla prevenzione delle situazioni a rischio. La mia difficoltà maggiore consiste nell’assenza di persone che mettano a disposizione il loro tempo per le attività necessarie a portare avanti il progetto. Far parte di una associazione, per la maggior parte dei nostri membri, significa solo essere registrato. Per motivi obiettivi e soggettivi mi sono ritrovata a dover fare quasi tutto da sola, e colgo l’occasione per lanciare un invito alla collaborazione per implementare il progetto con successo. Comunque, nonostante le difficoltà, sono riuscita a farlo partire.

Grazie alla collaborazione con i nostri partner della Romania: la Fondazione IREX – Biblionet e l’Associazione dei Bibliotecari e delle Biblioteche Pubbliche della Romania (ANBPR), oggi il progetto è già attivo non solo in Romania, ma anche in Italia dove è stato approvato dalla Giunta Comunale e messo in atto grazie ad una Convenzione tra: Comune di Milano/Settore Biblioteche, Associazione dei Romeni in Italia – Milano (ARI) e la nostra associazione – ADRI.

Te iubeste mama - LOGO

Fortunatamente i mass-media italiani hanno sostenuto il nostro impegno, pubblicando articoli sulla nostra attività, come quello di Veronica Tomassini: “Amore di mamma, la cura per i bimbi romeni” apparso nel “Fatto quotidiano” (un’intera pagina, grazie!). Inoltre ho avuto il grande onore di ricevere una lettera da parte di Sua Eccellenza, l’Ambasciatore dell’Italia a Bucarest, dott. Mario Cospito, complimentandosi per la mia attività nel sociale ed ha conferito il patrocinio al nostro progetto. Il progetto “Te iubeste mama!” gode anche del patrocinio del Consolato Generale della Romania a Milano e dell’Associazione Italiana Biblioteche (AIB).

Sempre come successo vorrei ricordare la campagna a favore di “10 donne eccezionali”della nazione, portata avanti da uno dei più importanti quotidiani della Romania. Sono stata scelta anch’io come una delle 10 donne eccezionali e premiata per il mio impegno nella comunità, a giugno di quest’anno.

Di recente, la Fondazione Vodafone/Romania ha scelto il Progetto “Te iubeste mama!” come uno dei migliori progetti tra più di 200 applicazioni in gara, e io sono stata scelta come uno dei 14 “Volontari di professione” e, insieme ad ANBPR, lavoreremo per ampliare il progetto.

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Le lettere che ricevo sia dalle mamme, che dai loro figli mi fanno capire che il mio messaggio è stato ricevuto e capito; sono loro che mi danno l’energia di andare avanti e per questo le ringrazio.

Se dovessi descrivere con tre aggettivi la Romania, come la racconteresti agli italiani?

La mia patria è bella, accogliente e con tanto potenziale.

Quale è il difetto e il pregio principale del tuo popolo?

Ci manca la cultura della solidarietà, ma siamo un popolo di grandi lavoratori.

Come racconteresti invece l’Italia a chi non la conosce?

Un bellissimo paese da visitare, un stupendo paese della solidarietà. Grazie, Italia!

Hai intenzione di rimanere in Italia, o come molti immigrati hai desiderio di tornare in Romania?

Rimango con amore dove è il mio posto: accanto a mio figlio per tutto il tempo che avrà bisogno di me.

Ringraziamo Silvia per averci parlato del suo progetto; e per quanto di buono sta realizzando nel nostro Paese. Silvia è un esempio di donna romena a cui non viene concesso molto spazio nei notiziari nazionali. E’ più facile parlare di furti, stupri e violenze. Ma non si può raccontare un popolo in modo uniforme ed univoco. E’ romeno l’uomo violento e perennemente ubriaco che vive d’espedienti quanto la donna laureata che è attiva in ambito sociale; è rumena la piccola rom che compie borseggi nelle metropolitane italiane quanto l’intellettuale direttore di una testata giornalistica in lingua. La realtà non è in bianco e nero. L’umanità si manifesta in una tavolozza d’infinite variazioni di colore. Ci auguriamo che il progetto di Silvia si realizzi anche in altre città dell’Italia, sopratutto a Roma e provincia, dove risiede la più grande comunità romena in Italia. Per chi volesse contattare Silvia Dumitrache: silvia_dumitrache@fastwebnet.it


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