Il tatuaggio sbagliato potrebbe impedire a molti ispanici di avere accesso negli Stati Uniti.
Hector Villalobos, immigrato messicano di 37 anni, sposato da sei anni con una cittadina americana e padre di tre bambini, tornato in Messico per espletare l’iter burocratico per il trasferimento, si è visto poi negare il completamento della procedura di richiesta della residenza negli States per via di alcuni simboli tatuati sul suo corpo.
La presenza di determinati tatuaggi, che vengono interpretati come segni di appartenenza a gang criminali, sembra divenuto motivo sufficiente per negare il visto, anche senza alcun precedente penale.
Il Wall Street Journal sostiene che casi simili si stiano moltiplicando nel Paese, soprattutto a danno degli immigrati latino-americani.
Anche Rolando Mora Huerta ha subito lo stesso trattamento. Non è servita neppure una lettera della Polizia di Nampa, Idaho, dove l’uomo vive e lavora con la moglie, a rassicurare i funzionari del consolato.
Rolando, infatti, non ha ottenuto il visto per la sua “affiliazione ad un’organizzazione criminale”
L’avvocato di Denver, Jeff Joseph, specializzato nella legislazione sull’immigrazione ritiene che il comportamento dei funzionari del dipartimento di Stato si avvicini “pericolosamente ad una violazione del primo emendamento sulla libertà di parola ed espressione”.
Intanto nel giugno scorso si è appreso che gli immigrati asiatici negli Stati Uniti hanno superato per la prima volta quelli ispanici.
E’ un rapporto del Pew Research Center a rivelarlo. Nel documento si legge che il flusso degli asiatici nel Paese nord americano è aumentato quasi del 20%, passando dal 19% del 2000 al 36% nel 2010, contro la diminuzione dell’immigrazione ispanica, passata dal 59% del 2000 al 31% del 2010.
Per quanto riguarda l’immigrazione clandestina, la tendenza indica che solo l’11% degli immigrati asiatici non ha i documenti in regola, mentre tra gli ispanici la percentuale è maggiore.
Paola Totaro
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