Sul sito internet del ministero dell’Informazione della Birmania c’è scritto: ”La censura su tutte le pubblicazioni locali è stata abolita a partire dal 20 agosto 2012”. È la conferma di come il processo riformistico avviato, negli ultimi mesi, dal governo civile dell’ex generale Thein Sein, stia attraversando la sua fase più significativa.
Quello che, da un anno a questa parte, era stato solo un graduale allentamento del controllo sull’informazione è diventato, in questi giorni, un nuovo pacchetto di norme e regolamenti rivolto al settore dell’editoria pubblica e privata. Termina così una storia di libertà negate durata più di mezzo secolo, cioè da quando, nel 1962, fu rovesciato il governo democratico di quella che, all’epoca, era una Repubblica indipendente.
La rivoluzione del generale Ne Win si concluse con l’avvento al potere della sua giunta militare, che avrebbe attuato, per tutta la seconda metà del secolo, rigidi controlli e restrizioni liberticide a danno degli organi di informazione.
Il nuovo impianto normativo è stato presentato ieri ai direttori dei media e alle case editrici nell’ex Capitale Rangoon. Con poche parole, quelle del responsabile della Commissione censura, Tint Swe: “Qualsiasi pubblicazione nel Paese non dovrà più ottenere dal Governo un’autorizzazione preventiva, con effetto immediato”.
Una rivoluzione, annunciata da una serie di precedenti decisioni operata dal nuovo governo birmano, formalmente guidato da un capo militare a riposo, Thein Sein: la messa in libertà dei prigionieri politici, a partire dal leader dell’opposizione e premio Nobel per la Pace nel 1991, Aung San Suu Kyi. O, ancora, la revoca della censura sui testi delle canzoni o sui contenuti dei libri per l’infanzia.
Un radicale cambiamento legislativo e politico che, tuttavia, continuava a limitare ogni libertà di espressione per gli organi di stampa più rilevanti. Televisioni, radio, giornali erano, nonostante le aperture annunciate e promosse negli altri settori, controllati dal Governo, sebbene con minore intensità rispetto al passato. Risale a poco meno di un mese fa, infatti, l’ultima sospensione imposta dalla giunta di Sein: quindici giorni di chiusura coatta imposta a due testate “colpevoli” di aver pubblicato retroscena e indiscrezioni in merito ad alcune manovre del Governo.
Oggi, a tre settimane da un intervento che è stato accolto, dai reporter del Paese, con scioperi e proteste di piazza, la Birmania festeggia un ulteriore passo in avanti. Tuttavia, molti si affrettano a sostenere che i temi sensibili (politica, religione) resteranno comunque controllati a vista dall’esecutivo. Ma, se è vero che nel Paese rimangono ancora in vigore la Commissione censura e alcune norme a salvaguardia di impianto e sicurezza nazionali, è altresì certo che il loro potere si sia notevolmente ridotto.
Con grandi benefici per il popolo birmano, che finalmente potrà beneficiare di una informazione più completa, tornando a leggere, sulle colonne dei quotidiani, le opinioni sulle scelte politiche, i commenti sulle fonti del diritto, sulla Costituzione, sulla tenuta del Governo e sulla condizione delle minoranze etniche e religiose. Ed è stato sempre Tint Swe, della commissione Censura, a spiegare i motivi della svolta voluta dal Governo. Usando, ancora una volta, parole scarne, semplici ma efficaci: “la censura è incompatibile con la democrazia”.
Emilio Garofalo
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