Testo e foto di Chiara Grazia Moretti
Una mattina partimmo con lo zaino in spalla pronti per una nuova avventura, esplorare Consonno. Con poco coraggio e tanta ostinazione riuscii a perlustrare ogni angolo di questo paese, cercando di capire tutta la sua storia. Consonno era un piccolo borgo in provincia di Lecco, con pochissimi abitanti. Nel 1962, esattamente l’8 gennaio, l’industriale Mario Bagno comprò tutto il complesso immobiliare e decise di raderlo al suolo. Questa disposizione lasciò poca scelta agli abitanti del paese che furono costretti ad abbandonare le proprie case. Nei progetti di Bagno c’erano diversi edifici adibiti al divertimento ed allo svago, come una galleria commerciale in stile arabeggiante, piccoli appartamenti destinati ad ospitare i vacanzieri, un albergo di lusso, una pagoda ed un castello medioevale posto all’ingresso, in modo da accogliere i visitatori. L’industriale costruì così una grandissima impresa, ma il suo sogno non fu mai completato. Accanto a questi “mostri architettonici” sarebbero dovuti sorgere anche campi da calcio, da pallacanestro, da golf, un parco zoologico ed un circuito automobilistico. Ma purtroppo nel 1976, a causa di tutti i lavori apportati nella zona, come la spianata della collina di fronte al paese per migliorare la vista e la nuova strada che collegava il centro dei divertimenti al paese vicino, ci furono diverse frane. Una di queste spazzò via la strada appena costruita, e fu così che Consonno cadde nell’oblio e nell’abbandono ancor prima di essere completato. Più avanti, verso gli anni ottanta, il magnate tentò un rilancio del centro commerciale ma l’artificio non funzionò. Attualmente Consonno è un “mostro di speculazione edilizia” abbandonato a sè stesso. Nessuno ha mai tentato di recuperare questo paese, se non utilizzandolo come location per rave party. Anche se tutti i graffiti che decorano le vecchie pareti lo rendono colorato e forse vagamente vivo, il centro ormai è “un paese fantasma” contornato da strane leggende che rendono la visita ancora più tetra e avventurosa.
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Molto interessante: l’apparato fotografico è ricco, forse il testo meritava maggiore spazio…