Kofi Annan lascia la Siria, impossibile lavorare con il Consiglio di sicurezza Onu

Con una rammaricata comunicazione ufficiale, il Segretario generale delle Nazioni unite, Ban Ki-moon, ha annunciato le dimissioni del diplomatico ghanese Kofi Annan da inviato speciale dell’Onu e della Lega Araba in Siria. La decisione di non rinnovare il proprio mandato, che resterà in auge sino alla fine del mese di agosto, è stata “imposta” dalle fratture, sempre più nette e insanabili, sorte all’interno della Comunità internazionale.

Le radicali divisioni in merito alla questione siriana hanno accresciuto enormemente le distanze tra la mediazione diplomatica profusa da Annan e gli interessi sovranazionali dei Paesi occidentali. In pratica, Kofi Annan si è dimesso perché i governi occidentali l’hanno lasciato solo nell’esercizio della sua missione: individuare una soluzione pacifica per il duro conflitto civile siriano.

Il forfait dell’ex Segretario generale Onu è giunto mentre il Paese retto da Bashar al-Assad attraversa la sua fase più delicata. L’ultimo capitolo della rivolta, infatti, è stata la battaglia di Aleppo, combattuta nella zona dell’aeroporto militare: circa un centinaio di morti, a seguito degli assalti dei ribelli alla base aerea, contrastati dal Governo tramite l’impiego dell’artiglieria pesante. I martiri siriani, dallo scoppio della rivolta, sarebbero a questo punto circa 20mila.

E proprio a distanza di poche ore da questo ennesimo massacro, è giunta la nota ufficiale di Ban Ki moon, il quale ha anche espresso “la più profonda gratitudine ad Annan per gli sforzi determinati e coraggiosi posti in essere in qualità di inviato speciale”. L’inarrestabile violenza in Siria prova inconfutabilmente il desiderio del Governo, mai contrastato dalla stessa Comunità internazionale, di ostacolare il processo di democratizzazione dell’impianto istituzionale del suo Paese.

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E se lo stesso Assad ha espresso “dispiacere” per le dimissioni del legato della Lega Araba, i diplomatici di Russia, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia si sono avvitati in un reciproco scambio di accuse, individuando, nelle inadempienze altrui, i motivi del fallimento della missione di pace. Non da meno è stato, tuttavia, anche l’ atteggiamento interno agli organismi riuniti nel Palazzo di Vetro.

Sempre secondo Ban Ki moon, infatti, “le persistenti divisioni all’interno del Consiglio di Sicurezza Onu sono diventate un ostacolo alla democrazia, rendendo il lavoro di un mediatore di gran lunga più difficile”. Una sempre più fervida volontà di ricorrere alle armi, esplosa in una imponente militarizzazione del conflitto, le divisioni interne all’Organizzazione delle Nazioni Unite e le fratture, rivelatesi insuperabili, tra gli stati della Comunità Internazionale sono i principali episodi di una “ una chiara mancanza di unità”, come ha inteso ribadire Kofi Annan, spiegando in conferenza stampa i motivi della sue decisione.

Nell’incontro con gli organi di informazione, Annan ha rivolto dure parole al Consiglio di sicurezza, colpevole di aver continuato a “puntare il dito e ad offendersi” reciprocamente, senza accorgersi della crescente “intransigenza del governo siriano” e della inarrestabile “campagna militare dell’opposizione”. Quanto basta per lasciare, dunque, dopo sei mesi di viaggi, incontri, tavoli, mediazioni, colloqui ufficiali con i più importanti leader mondiali.

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Un’attività diplomatica incentrata su un solo obiettivo: “far passare” la sua proposta, semplice e ben chiara sin dall’inizio del suo mandato, di una soluzione politica transitoria da far seguire a un “cessate il fuoco” immediato, accettato sia dai ribelli che dal regime di Assad. Una soluzione che, però, è stata sempre osteggiata, a causa della predominanza di svariati interessi.

Da quelli economici, legati al traffico delle armi a beneficio di Quatar e Arabia Saudita, a quelli di quanti hanno dimostrato d’avere differenti vedute: è il caso di Europa e Russia, con la prima impegnata in una dura campagna sanzionatoria contro Assad e la seconda intenzionata a opporvisi duramente. Interessi dai quali rimane necessario prendere le distanze.

Ed è stato ancora una volta, benché dimissionario, lo stesso Kofi Annan, in un estremo tentativo chiarificatore, a indicare la via da percorrere per offrire una speranza alla Siria, che “potrà essere salvata dalla peggiore calamità se la comunità internazionale mostrerà il coraggio e la leadership necessaria a un compromesso sui loro interessi di parte. Per il bene del popolo siriano, per gli uomini, le donne e i bambini che hanno già sofferto troppo”.

Emilio Garofalo


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