Insieme a Treblinka e Bełżec, Sóbibor è stato uno dei tre campi di concentramento nell’ambito dell’Operazione Reinhard, nome in codice dato dai nazisti al progetto di sterminio degli ebrei in Polonia.
Inoltre Sóbibor è famoso ai più anche per essere stato l’unico campo di concentramento in cui si è concretizzato il tentativo di ribellione dei prigionieri ebrei. Il 14 ottobre 1943, infatti, circa metà dei 600 internati riuscirono a fuggire dopo aver ucciso 11 guardie delle SS tedesche; tuttavia la gran parte venne ripresa e fucilata nei giorni successivi, ma una cinquantina di prigionieri riuscirono a sopravvivere allo sterminio. I nazisti decisero perciò di chiudere e smantellare il campo, e cercarono di occultare il luogo piantando centinaia di alberi.
Sessantanove anni dopo l’archeologo israeliano Yoram Haimi, dopo aver scoperto che due dei suoi zii vennero uccisi nel campo di concentramento polacco, ha deciso di avviare uno scavo e in cinque anni è riuscito a ricostruire una mappa del campo di sterminio, portando alla luce migliaia di oggetti che hanno permesso di identificare alcune delle vittime senza nome di quell’orrendo massacro.
L’abbondante concentrazione di ceneri, inoltre, ha portato lo studioso a concludere che il numero di morti a Sóbibor sia notevolmente maggiore di quanto finora supposto.
Basandosi sui detriti e sui percorsi sul terreno, inoltre, Haimi è riuscito a dedurre dove erano posizionati i pali che sostenevano le barriere di filo spinato del campo. In questo modo è stato possibile ricostruire un altro importante percorso, quello che i tedeschi chiamavano Himmelfahrstrasse (“strada per il Paradiso”): il percorso che i prigionieri seguivano per entrare nelle camere a gas, rendendo vano il tentativo nazista di nascondere la loro esistenza.
Luca La Gamma
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