Mika Yamamoto, la 45enne giornalista giapponese inviata in Siria per l’agenzia di stampa indipendente “Japan Press” è morta per un colpo di arma da fuoco al collo. A confermarlo ufficialmente è il ministero degli Esteri giapponese a seguito del riconoscimento della salma da parte di Kazutaka Sato, il reporter che si trovava ad Aleppo con la giornalista. Nessuna notizia invece degli altri tre giornalisti stranieri – due arabi, tra cui una libanese, e un turco – che erano con lei e che ad oggi ancora risultano dispersi.
La corrispondente – con una pluriennale esperienza di reportage da scenari di guerra tanto da guadagnarsi il premio Vaughn-Ueeda, equivalente del Pulitzer – sarebbe stata, secondo quanto riferito dal collega in un’ intervista telefonica alla tv di stato nipponica Nhk, “uccisa con ogni probabilità dal fuoco dei militari di Assad. Abbiamo visto un gruppo di persone in tuta mimetica correre verso di noi e sembravano soldati governativi. Hanno sparato a caso a soli 20-30 metri di distanza o anche da più vicino”. Concorde nell’attribuire la responsabilità dell’omicidio agli uomini di Assad anche il capitano Ahmed Ghazali, che in un video diffuso in rete ribadisce l’accoglienza alla stampa e ai media esteri in Siria, ma aggiunge: “non siamo responsabili delle brutalità delle forze di Assad contro i media” e auspica che alla morte della cronista nipponica faccia seguito un intervento internazionale in Siria. “Spero – ha affermato – che i Paesi che non sono mossi ad agire dal sangue siriano lo saranno dal sangue della loro gente”.
Diversa invece la ricostruzione fornita dall’emittente “al-Huba”, una televisione finanziata dagli Stati Uniti che trasmette in lingua araba, secondo la quale, invece, l’omicidio di Mika Yamamoto sarebbe avvenuta per mano di combattenti del “Free Syria Army”. Ipotesi, quest’ultima, immediatamente smentita. Nessun chiarimento sulla dinamica dei fatti da parte di Rami Abdel Rahman, presidente dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, organizzazione che ha immediatamente soccorso la cronista. Con la morte di Mika Yamamoto sale a quattro il numero di giornalisti stranieri – di cui si ha notizia – che, dal marzo 2011, hanno perso la vita negli scontri in Siria.
Valentina Ersilia Matrascìa
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