La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con una sentenza del 12 luglio, ha confermato il divieto di commercializzazione delle sementi di varietà tradizionali, quelle cioè che non sono iscritte nel catalogo ufficiale europeo.
Un duro colpo per le associazioni di volontari, che si impegnano per la salvaguardia delle varietà delle piante antiche e che di fatto sono l’unica alternativa alle sementi industriali ed Ogm.
Memoria storica e biologica dell’agricoltura, risultato di millenni di selezione, e garanzia di biodiversità dei prodotti agricoli, le sementi tradizionali quindi ora sono illegali.
Nel 1998 una direttiva comunitaria aveva stabilito la possibilità di scambio e commercializzazione del prodotto solo alle ditte sementiere, vietandoli però all’agricoltore.
Sono sette le multinazionali che gestiscono quasi totalmente il mercato mondiale delle sementi, ma anche dei veleni per l’agricoltura e gli Ogm.
Molte Associazioni di Seed Salvers (salvatori di semi) hanno in questi anni lavorato per la salvaguardia delle piante antiche dei semi antichi che vengono coltivati su piccola scala e per il recupero delle tradizioni culturali rurali. L’aspetto più importante di questo tipo di sementi è l’elevato valore nutritivo del prodotto unito al possibile utilizzo in agricoltura eco-compatibile.
Registrare un seme nuovo non è alla portata di tutti: sono necessari circa 12-15 anni di lavoro e il costo totale quindi è altissimo: fino ad un milione di euro.
E’ ovvio che solo le grandi aziende possano permettersi costi simili.
La sentenza di conferma della Corte di Giustizia è giunta per chiudere la controversia tra due imprese francesi. La Graines Baumaux sas – produttrice di sementi – aveva denunciato la Kokopelli – un’associazione no profit – con l’accusa di commercializzare sementi “arcaiche” non iscritte nei cataloghi ufficiali dell’Ue.
Una prima sentenza della Corte aveva deciso che: “L’assenza di una semente dal catalogo non è indice del fatto che non sia “buona”, perché le norme che ne regolano l’iscrizione non riguardano alla futura la salubrità delle piante, ma a logiche commerciali.” Le sementi oggetto della controversia rientravano però in una deroga prevista dalla direttiva 2009/145/CE e la Kakopelli venne quindi assolta.
Ma il ricorso della Graines Baumaux ha sortito una sentenza di tipo totalmente opposto: ‘’l’obbligo d’iscrizione ufficiale di una varietà vegetale per la sua commercializzazione, così come previsto dalle direttive sementiere, non viola i principi del libero esercizio di un’attività economica e della libera circolazione delle merci, e nemmeno interferisce con gli impegni presi per la tutela delle risorse fitogenetiche.” Il motivo principale sarebbe dunque, la dubbia esigenza di una maggiore produttività agricola.
Inoltre la ”Graines Baumaux” ha chiesto inotre che la Kakopelli venga condannata pagare 100 mila euro per danni e ”la cessazione di tutte le attività dell’associazione”, pericolosa per il business.
Paola Totaro
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