Al CIE di Lamezia Terme immigrati costretti a radersi in gabbia

A Lamezia Terme, nel Centro di identificazione e di espulsione di Piana del Duca, una prigione amministrativa per immigrati irregolari recuperata nei locali di un immobile confiscato alla ‘ndrangheta, è stata posizionata una gabbia. Piazzata nel bel mezzo di un atrio esterno, dispone di una rete forata e metallica, gialla e rossa, che consente la visibilità all’interno. Si tratta di una toilette.

Un bagno, dotato di servizi igienici, all’interno del quale i migranti clandestini “ospiti” del centro detentivo sono costretti a radersi o a prendersi cura del proprio corpo pubblicamente. Un gesto privatissimo, quello della cura dell’igiene personale, che sono obbligati a compiere sotto gli occhi delle guardie.

La Ong “Medici per i Diritti Umani” (Medu) ha parlato di una “sconcertante pratica di umiliazione dei migranti detenuti”. Dopo la scoperta, le fotografie e, in seguito, la denuncia di quello che è stato definito un trattamento inumano riservato agli immigrati senza permesso di soggiorno. Una pratica, invece, secondo i responsabili del centro di detenzione, necessaria per un motivo ben preciso.

“Tenere a bada” il forte disagio psicofisico che colpisce chi è recluso per un lungo periodo di tempo. E che, il più delle volte, sfocia in autolesionismo: stando alle dichiarazioni dei responsabili, gli operatori della cooperativa “Malgrado Tutto”, i migranti possono arrivare a compiere gesti pericolosi e lesivi per la loro salute fisica. Ingoiano penne, pile, oggetti taglienti. Cercano di sfregiare il proprio corpo con lame e pezzi di filo spinato.

Pertanto, si renderebbe necessaria la sorveglianza a vista anche durante le normali procedure della cura del proprio corpo. Per questo motivo, nelle “gabbie” è stato posizionato un piccolo lavello per consentire agli stranieri di radersi. La soluzione è stata adottata un pò  perché nel Centro non era presente un apposito ambiente, un pò  perché, in questo modo, si può controllare la violenza autolesionistica dei detenuti amministrativi.

La gabbia si trova su una pedana mobile e, grazie a un montacarichi, può essere spostata senza alcuna difficoltà. La sorveglianza costante impone ai migranti una totale assenza di privacy. Ogni giorno, per loro, prestare le necessarie attenzioni al corpo diventa un’operazione da compiere sotto lo stretto controllo delle guardie e alla vista degli altri compagni di detenzione.

Terminate le operazioni igieniche, gli stranieri di Lamezia Terme si ritrovano, poi, in un atrio esterno, circondato da un recinto che si estende per sei metri, accessoriato con una ulteriore “protezione”: su ogni singolo centimetro è posizionato del filo spinato. Gli accessi al centro sono due, e anche in questo caso blindati da gabbie, ferro e cemento. Per rendere vano ogni tentativo di fuga.

Tentativi che, tuttavia, per nove volte sono, invece, andati a buon fine. Nel 2011, infatti, nove stranieri sono riusciti a “evadere” da quello che, se per la legge è un centro di accoglienza, di fatto assume i connotati di un carcere.

Ma le successive scoperte di Medu, quelle seguite al rinvenimento della “gabbia” riservata alla rasatura, si fanno ancora più sconcertanti: gli attivisti hanno, infatti, fotografato un clandestino irregolare affetto da una forma di disabilità fisica impegnato in estenuanti esercizi di recupero e di fisioterapia “fai-date”.

Una bottiglia d’acqua legata alla caviglia da trascinarsi dietro, benché la deambulazione fosse già compromessa da una protesi all’anca, dovuta a una grave forma di osteomielite: la pratica si sarebbe resa necessaria a causa dei continui ritardi del centro nel fornire, all’uomo, una corretta assistenza sanitaria.

Gli ispettori hanno denunciato l’inadeguatezza della rete delle strutture, perché “in questi centri si crea un sistema perverso, in cui non c’è fiducia fra medico e paziente e perché da una parte i pazienti lamentano la persistente disattenzione dei sanitari nei confronti delle loro patologie, dall’altra i sanitari temono costantemente che i detenuti simulino o esagerino i sintomi di una malattia con lo scopo finale della fuga”.

Una condizione insostenibile, ormai, se si pensa anche ai costi di mantenimento di questi centri. Quello di Lamezia Terme si aggira attorno a 600mila euro annui. Un investimento notevole, che permette alla prigione amministrativa di ospitare fino a un massimo di 60 stranieri. Secondo le stime ufficiali del ministero dell’Interno, nel 41% dei casi è stato disposto il rimpatrio.

Inascoltata è rimasta la richiesta di Medici senza frontiere, che già nel 2010 si era attivata per far chiudere il centro di accoglienza di Lamezia Terme. Richiesta che era stata motivata sulla base della assoluta inadeguatezza nel tutelare e salvaguardare l’umana dignità dei migranti irregolari. Di tutta risposta, il Governo ha reagito decurtando i fondi. Causando, così, quello che, con ogni probabilità, presto sarà un peggioramento della situazione.

Emilio Garofalo

 


Profilo dell'autore

Redazione

Redazione
Dal 2011 raccontiamo il mondo dal punto di vista degli ultimi.

4 Comments

  • il”disabile”è arrivato così dal carcere(carcere)la lesione sè l’è procurata due anni prima,perchè tentava di scappare alla polizia.Al centro ci sono 22 bagni 20 docce ,sala mensa,cucina autonoma ,moschea,stanze per quatto persone con televisore e condizionatore,ambulatorio,stanza del giudice,della pisicologa,perchè non publicate tutte queste foto che avete fatto?Domanda!

    • Nella giornata del 26 settembre sono venuti a far visita al centro ancora “medici”.Medici di associazione “Medu” presunta onlus.Uno dei due “medici”con “kefia” e un ciondolo con il simbolo della “cannabis”.L’altra una ragazza.Abbiamo detto loro che potevano fotografare ogni angolo del centro,perchè le foto non possono smentire la realtà,anche se alla loro presentazione ‘”l’odor di pretestuosità”si percepiva a pelle.Quindi abbiamo spiegato che nel centro attualmente c’erano 8 (otto) ospiti,ed il rinnovo della convenzione non prevedeva più 46 euro a persona ,bensì 28, quindi con questa cifra non si può gestire decentemente niente e per la qualcosa stavamo per decidere di sospendere il servizio,perchè assolutamente impossibile gestire il centro.(Questo vale per tutti i cie)Comunque i “medici” hanno fotografato tutto bagni,docce,sala mensa ,ambulatorio,camere degli ospiti con televisore e condizionatore,cucina ,sala psicologa,giudice ect ect.Ebbene i medici hanno pubblicato un unica foto su Repubblica”,quella di un beverino per l’acqua fresca spacciandola per “gabbia per servizi igienici”.Hanno parlato ancora di violenze inaudite (otto ospiti),ma sopratutto di un tunisino venuto dal carcere arrestato per spaccio ed da espatriare ,ma con una gamba operata lo scorso anno al femore,dove secondo il “medico con la Kefia”,noi eravamo responsabili di questa sua malformazione.La cooperativa Malgrado Tutto è stanca di queste elucubrazioni mentali di giovani “medici con la kefia e di ciondoli con la cannabis”, e denuncia quest’altra penosa iniziativa di discredito nei nostri confronti.Chiediamo a questi “medici con la Kefia”di pubblicare il resto delle foto tutte,di essere onesti e di capire che il problema serio sono solo le 28 euro di retta il resto è solo vanagloria.Raffaello Conte presidente Cooperativa Malgrado Tutto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Potresti apprezzare anche

No widgets found. Go to Widget page and add the widget in Offcanvas Sidebar Widget Area.