di Luca Jacoponi
La stampa colombiana lo chiama “depredador sexual”. Nell’ottobre 2010 aveva stuprato due bambini e uccisi altrettanti. Lunedì 27, dopo un anno e mezzo di lotte in tribunale, il giudice ha dichiarato colpevole Raúl Muñoz Linares per omicidio aggravato e abuso con una pena che può andare dai 40 ai 60 anni di reclusione. “Ha agito con una alto grado di violenza e perfino di crudeltà”, ha dichiarato il giudice.
Pochi sanno del cancro che attanaglia la Colombia. Un conflitto iniziato tra il 1964 e il 1966 quando FARC, Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, ed ELN, Esercito di Liberazione Nazionale, si opposero in una guerriglia alle amministrazioni del governo di Bogotà.
Scarne le informazioni al riguardo e ancora più magri gli aggiornamenti che attraversano l’oceano.
E’ in questo scenario che il 2 ottobre 2010 nel dipartimento di Aruca, a Tame, a 430Km da Bogotà, Linares violentò e poi uccise Jenni Torres, 14 anni, per poi eliminarne anche i fratelli, Jimi e Jefferson di 9 e 6 anni, colpevoli di aver assistito allo strazio della sorella. Successivamente afferrò per il collo un’altra tredicenne e, portandola su una montagna vicina, stuprò anche di lei.
Ed è stata proprio quest’ultima ragazza a riconoscere Linares grazie a un difetto di pronuncia della erre del militare, dando il via libera alla condanna. All’udienza era presente José Alvaro Torres, padre delle vittime, che non aspettava altro che il colpevole fosse agguantato per “marcire in galera”, ha detto l’uomo.
Ciò che accresce i conati di fronte a una notizia del genere è la reazione omertosa del corpo militare. Il fatto che un individuo non sia sano di mente e abbia la libertà di compiere certi crimini sconvolge, fa rabbrividere, ma che un intero corpo armato lo protegga, esprima il falso per proteggere un insano assassino fa venire la pelle d’oca. Purtroppo non ci stupiamo più. Sembra anzi normale che questo sia successo.
Dopo gli omicidi, la famiglia Torres aveva denunciato la scomparsa. L’esercito si rifiutò di collaborare alle ricerche. Una volta rinvenuti i corpi, la polizia non li consegnò alla famiglia. La tenacia degli abitanti di Tame li spinse a rivolgersi alle autorità militari denunciando il fatto e rendendo noti i continui stupri e le altre violenze che i soldati d’istanza compivano quasi quotidianamente a danni di donne, bambini e uomini.Le gerarchie si limitarono a rispondere con superficialità dando la colpa alla guerriglia, alle bande di criminali e addirittura alla popolazione locale.
Con non poche difficoltà il processo iniziò a Tame, per essere trasferito a Bogotà nel marzo 2011 dopo che la giudice cui era stato affidato il caso, Gloria Costanza Gaona venne assassinata da sconosciuti a Saravena, 75 km a sud di Tame. Successivamente la famiglia Torres fu costretta ad abbandonare la città per un grave elenco di minacce di morte che colpì anche l’organizzazione per i diritti umani che aveva in carico l’assistenza alla famiglia.
Basta andare alla voce “stupri di guerra” su Wikipedia per essere sommersi dalle notizie. Siamo da sempre abituati a sapere che è uso e costume nei conflitti, e non solo, che spesso i corpi armati, in preda a deliri di onnipotenza, accendano la miccia delle violenze. Su tutto e tutti, indistintamente.
E purtroppo, siamo altrettanto abituati a non reagire più nemmeno quando le gerarchie militari fanno muro e, chiudendosi a riccio, coprono i loro scandali. I panni sporchi, com’è usanza, si lavano in famiglia. E’ scomodo, ma è la verità.
Solo pochi mesi fa, ad esempio, il mensile di Emergency riportava un interessante articolo sulle violenze contro le donne in Siria.
La difesa di Linares ha tentato carte false per far annullare o dirottare il processo dichiarandolo irregolare, facendo mancare l’imputato ai processi, chiamando falsi testimoni e fornendo alibi fasulli. Per fortuna i testimoni dell’accusa, l’ammirevole tenacia della famiglia Torres e un giudice serio hanno permesso la cattura esemplare di uno scellerato criminale. La vera forza non è avere in mano un fucile e sentirsi padroni della vita altrui. La vera forza è promuovere la giustizia e lottare sempre per ottenerla.
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