Frank, Fabio, Conci, Carmela, Piero Giuseppe, Roberta, Silvano… sono i nomi dei componenti dei Diavoli Rossi, una squadra di calcio della periferia bolognese fuori dagli schemi. Chi ne fa parte, infatti, deve fare i conti ogni giorno con una forma più o meno grave di disagio mentale. La loro attività nasce dall’interesse, sempre più diffuso, verso la pratica sportiva come elemento aggregante e riabilitativo. Il gruppo si forma dieci anni fa grazie all’iniziativa di pazienti ed operatori dell’ex Ausl Bo sud. Il tutto supportato da altre realtà già presenti sul territorio nazionale che hanno dato vita poi all’ ANPIS (associazione nazionale delle polisportive per l’integrazione sociale).
Gaetano Massa ci mostra una breve rappresentazione della loro vita. La forte solidarietà che esiste ed emerge con evidenza nel gruppo, consente un’interruzione temporanea del circolo vizioso del disagio mentale. Dietro gli scatti c’è il lavoro, durato mesi, di chi ha saputo instaurare un rapporto di fiducia reciproca, fondamentale per raccontare piccole e grandi storie in bianco e nero.
Gaetano Massa
Nasce a Napoli. Si laurea al Dams di Bologna con una tesi su Letizia Battaglia. I suoi lavori sono stati pubblicati da: L’Espresso, Corriere del Mezzogiorno, Rolling Stone, Repubblica, Narcomafie, Carta. Nel 2007 realizza “I vicoli di Casoria”, con il quale viene segnalato al premio “Iceberg” organizzato dal comune di Bologna. Nel 2009 pubblica assieme ad altri due giovani fotografi il libro “Nonostante la vostra cortese ospitalità’” ed. Quinlan con testi di Claudio Marra. Nel 2011 viene premiato al concorso nazionale di fotografia sociale “Sudest”. Attualmente sta svolgendo una residenza artistica in provincia di Avellino.
Raccontaci la tua esperienza. Come ti sei avvicinato alla fotografia?
Mi sono avvicinato alla fotografia diversi anni fa; in quel periodo lavoravo come letturista di contatori del gas e giravo in diversi quartieri della periferia napoletana visitando parecchie case. Ad un certo punto decisi di portare con me una piccola macchina compatta per registrare la quotidianità di quelle zone. Con i risparmi accumulati comprai la mia prima reflex e tra il 2006-07 ho realizzato il mio primo reportage: “I vicoli di Casoria”.
Cosa rappresenta per te la fotografia?
La fotografia mi aiuta a conoscere e a rapportarmi con persone nuove. E’ interazione con il prossimo.
Com’è nato il lavoro sui Diavoli Rossi?
Si tratta di un lavoro su commissione. Nel 2008 l’Istituto Minguzzi di Bologna, in occasione del trentennale sulla legge Basaglia, ha selezionato tre giovani fotografi. Io decisi di seguire questa squadra di calcio che si ritrovava ogni settimana sui campi della periferia bolognese. Il progetto è durato circa 5 mesi.
Progetti futuri?
In questo periodo sono impegnato in una residenza artistica a Quadrelle, organizzata dall’Associazione Artènot. Lavoro su un progetto di street photography in cui viene coinvolta la gente del posto.
Da settembre mi dedicherò al terzo capitolo sulla musica rap di Napoli e provincia . Mi concentrerò sulla storia di un rapper napoletano che si è convertito all’islam.
Rubrica a cura di Teodora Malavenda
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