Nel pomeriggio di ieri a Kudankulam, in India, 3mila manifestanti che protestavano contro l’arrivo di carburante ai reattori nucleari della centrale, sono stati fermati da 4mila agenti di polizia. Arrivati a 1500 metri dal reattore, il sovrintendente di polizia Vijayendra Bidari ha raggiunto la testa del corteo, spiegando che la protesta era illegale.
“Non era nostra intenzione – ha spiegato il sovrintendente all’agenzia stampa AsiaNews – arrestare qualcuno. Il nostro obiettivo non sono donne e bambini innocenti, ma individuare chi ha organizzato la manifestazione di ieri, sapendo che era illegale”.
Secondo Selveray, un attivista sociale che da oltre un anno si batte per fermare la costruzione dell’impianto nello Stato del Tamil Nadu, sono 392 giorni che la gente del posto, quasi tutti pescatori, soffre la fame e la miseria per continuare la protesta pacifica contro la centrale di Kudankulam.
Per Selvaraj “si profila una crisi umanitaria di grandi dimensioni. I più poveri tra i poveri sono colpiti da quanto sta accadendo. Questi pescatori sono stati ingannati dal governo del Tamil Nadu, che prima ha sostenuto la loro causa e poi ha voltato loro le spalle. La gente vuole che i suoi leader ascoltino le loro richieste, ma né lo Stato, né il governo centrale è disponibile a farlo. Il loro unico obiettivo è aprire quell’impianto nucleare”.
L’accordo sulla costruzione dell’impianto nucleare russo a Kudankalam è stato firmato nel 1988, ma è stato avviato nel 1997. L’11 settembre 2011, più di 127 persone del villaggio di Idinthakarai hanno iniziato a digiunare in segno di protesta per poi smettere dopo 12 giorni per le promesse da parte del governo di interrompere il progetto di costruzione. Promesse mai mantenute.
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