E’ sempre più un raccapricciante mistero quello che riguarda le 12 persone apparse lo scorso 6 Agosto sulla tv di Stato iraniana durante il documentario “Club Terror”. In questo filmato Mazyar Ebrahimi, che secondo Amnesty International starebbe ora rischiando la pena capitale, al pari degli altri protagonisti, parlerebbe di come sia stato organizzato l’attentato che costò la vita a cinque scienziati nucleari. <<Ci avevano promesso 120mila dollari per ogni scienziato eliminato – spiega Mazyar – e l’addestramento è avvenuto fuori dall’Iran, in Israele>>. Sulla stessa lunghezza d’onda anche un altro protagonista della vicenda, Arash Kheradkish, che racconta: <<C’è una pista per moto a Tel Aviv dove abbiamo ricevuto l’addestramento. Ci hanno insegnato ad attaccare bombe magnetiche sulle auto in movimento e scappare velocemente. Poi ci hanno dato delle bombe a orologeria con un timer che dovevamo attivare una volta attaccata la bomba. Alla fine del corso di addestramento, ci hanno dato dei soldi e hanno organizzato il nostro ritorno in Iran>>. Il video continua su questa linea, con le confessioni di tutti i 12 partecipanti all’attacco, e spiega con perizia tutti i dettagli. Gli esiti sono noti: Ebrahimi è in stato d’arresto da due mesi per “ragioni di sicurezza statale”, non può ricevere visite e la sua famiglia non sa nemmeno dove sia rinchiuso. D’altra parte i dubbi sulla veridicità del video sono molteplici. Tralasciando infatti il non trascurabile fatto che siamo di fronte ad un completo disinteresse per i diritti dell’uomo (che dovrebbe avere diritto ad un processo equo e serio, e non basarsi solamente su un documentario di dubbia fattura), l’analisi del video lascia ampio respiro a seri dubbi: secondo Ehsan Soltani, esperto di notizie geopolitiche iraniane, ad esempio in un primo tempo i protagonisti vengono descritti come cellule singole che operavano in modo indipendente, salvo poi dipingerli come un gruppo coeso di killer assoldati appositamente. Se dunque da un lato, nonostante le accuse degli iraniani, gli USA e il Mek hanno sempre negato qualsiasi coinvolgimento nella vicenda, dall’altro gli israeliani evitano di rispondere in modo diretto ad ogni dubbio avanzato, contribuendo ad aumentare la tensione. Secondo una recente inchiesta, dietro i recenti disordini ci sarebbe un’unità speciale di Mossad (i servizi segreti israeliani) chiamata “Baionetta”, che con questi attacchi mirati vorrebbe non tanto far desistere l’Iran dal suo programma di arricchimento nucleare, quanto piuttosto mandare un segnale ai paesi che vorrebbero aiutarlo: <<Non aiutate l’Iran a diventare una potenza autonoma, o ci saranno gravi ripercussioni>>. Al di là dunque delle responsabilità oggettive riguardo la vicenda, ad Amnesty importa soprattutto sottolineare una cosa: qualunque sia la realtà dei fatti, è diritto di ognuno avere un processo equo e serio.
Gioacchino Andrea Fiorentino
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Bellissimo articolo 😀 complimenti 😉