Ellen Johnson Sirleaf, Presidente della Repubblica della Liberia, nonchè premio nobel (2011) per la pace, ha sospeso dal suo incarico l’autorità per lo sviluppo forestale del suo paese in seguito alla cessione di questi del 40% del terreno boschivo statale a multinazionali.
La vendita sarebbe avvenuta attraverso un escamotage legale che ha permesso di evadere le tasse causando anche un ingente danno economico alle casse dello Stato a stella e strisce.
Lo chiamano, o meglio lo chiamavano, il polmone verde d’Africa. La Liberia è un piccolo Stato, con una disoccupazione del 50%, devastato da una guerra civile in corso da quattordici anni. Il sottosuolo è zeppo di oro, diamanti, ferro e chi più ne ha più ne metta ma è in mano a imprese della grande democrazia americana. Questo piccolo paradiso fiscale si vede costretto a un altro scempio. La cessione, nel giro di due anni, di un quarto del territorio nazionale e del 40% delle foreste a giganti del mercato globale. A dare l’annuncio di questi numeri agghiaccianti è il rapporto della “Signing their lives away”.
Nessun guadagno per lo Stato e ovviamente, sarebbe utopistico e deleterio pensare il contrario, per i cittadini. La cessione legale, che si snoda attraverso postille che hanno permesso alle compagnie di evadere le tasse, peraltro irrisorie data la bassissima pressione fiscale che il governo esercita, è un fenomeno spesso registrato. Si chiama Pup: Private use permits. Un sistema articolato di scartoffie e licenze, spesso fasulle, che permettono a privati di fagocitare risorse ambientali senza curarsi dei danni, nè tantomeno delle comunità locali. Figurarsi a chiedere il parere di ONU e associazioni che per proteggere le foreste versano oltre 30milioni di dollari.
Tra questi la multinazionale malesiana Samling, colpevole anche in Cambogia, Guyana e Papua Nuova Guinea, che degli scandali circa la deforestazione, ha fatto il suo biglietto da visita.
Tutto ciò ha fatto storcere il naso della Sirleaf che ha avviato una commissione indipendente per indagare al riguardo. Ovviamente non è la prima volta che la Presidente si ritrova costretta a fronteggiare situazioni simili. La corruzione è un cancro dilagante nello Stato e la Sirleaf dall’inizio del mandato cerca di dare una regolata a questa deriva. In passato aveva licenziato anche suo figlio Charles Sirleaf, vice-governatore della banca centrale, perchè non aveva dichiarato i propri beni alla commissione anti-corruzione nazionale, cosa che suonerebbe più che normale agli orecchi di uno dei nostri politici.
A rispondere alle misure adottate dal governo ci pensa la Liberian Timber Association: “Le recenti dichiarazioni del Presidente Johnson Sirleaf sono promettenti, ma la risposta di questa Associazione è una grande preoccupazione”. “Troppo spesso coloro che hanno abusato delle risorse naturali della Liberia non sono stati chiamati a rispondere delle loro azioni”.
Luca Jacoponi
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