E’ stato presentato pochi giorni fa, con una conferenza Onu a NY, il nuovo rapporto della Small Arms Survey. Secondo i dati raccolti il mercato delle armi, definite “leggere”, delle parti di ricambio e delle munizioni ha toccato il tetto degli 8,5 miliardi di dollari, a fronte dei 4 miliardi di 5 anni prima.
Il progetto di ricerca nasce all’ Istituto universitario di alti studi internazionali e dello sviluppo di Ginevra nel 1999 con l’obiettivo di essere un organo autonomo di ricerca e diffusione di dati al fine di servire governi, attivisti e organizzazioni con informazioni independenti, internazionali, imparziali e pubbliche “su tutti gli aspetti delle armi di piccolo calibro e della violenza armata”, si legge sul sito. ( http://www.smallarmssurvey.org/)
“La proliferazione delle armi di piccolo calibro e di armi leggere rappresenta una grave minaccia per la sicurezza umana. La diffusione incontrollata di queste armi ha esacerbato i conflitti inter-e intra-stato, ha contribuito a violazioni dei diritti umani, hanno minato lo sviluppo politico ed economico, destabilizzato le comunità e devastato la vita di milioni di persone. Il successo futuro di sforzi per affrontare armi di piccolo calibro e di armi leggere dipende in gran parte sullo sviluppo di informazioni precise relative al flusso globale di queste armi e su analisi affidabili delle cause e delle conseguenze della loro proliferazione.” , continua la pagina web.
I dati di questo esorbitante aumento dei miliardi bruciati nella fucina dei conflitti armati sono dovuti a molti fattori. Tra questi anche una maggiore trasparenza di molti governi che negli anni passati tacevano o falsavano i dati più di quanto non facciano adesso. Circa il traffico d’armi sono stati analizzati anche i dati relativi a 52 paesi esportatori d’armi. Al primo posto per trasparenza sulla diffusione dei dati, la Svizzera. A seguire: Slovacchia, Svezia, Norvegia e Stati Uniti. Si aggiudicano gli ultimi gradini del podio dell’onestà Russia, Repubblica popolare Cinese, Corea del nord e Iran.
Per mettere nero su bianco un po’ di numeri, cambia qualche nome quando di parla di dollari elargiti al mercato legale di quell’ossimoro in termini che sono le “armi leggere”. Stando ai dati del 2009, la democrazia a stelle e strisce esporta per un valore che supera 100milioni di dollari, seguita dalle ben più piccole Francia, Germania, Giappone, Brasile e, strano ma vero, Italia.
Il date finale è dovuto quindi sia alla maggiore trasparenza ma anche all’imperversare di nuovi conflitti o all’aggiornamento di dati relativi a condizioni di crisi protratte nel tempo come, ad esempio, la pirateria del corno d’Africa, l’eterna vicenda Iraq piuttosto che il sempre attuale Afghanistan. Il rapporto non si limita ad analizzare i dati del traffico legale, ma riporta nozioni relative anche a quello di contrabbando sia nelle situazioni sopracitate che nel resto del quadro mondiale. Secondo i ricercatori internazionali del progetto infatti il valore, estremamente approssimativo, dei traffici illeciti si aggirerebbe intorno ai 2-3miliardi di dollari. Questo secondo circuito di vendita sarebbe gestito da movimenti di guerriglia, terroristi, ma anche governi che mostrano l’altra faccia della medaglia.
Nella recente conferenza Onu per l’elaborazione del primo trattato internazionale cul commercio di armi leggere, sono stati proprio i principale paesi esportatori a storcere il naso e rallentare le trattative.
Ancora manca quindi da capire come le armi dismesse riescano magicamente a filtrare dal mercato lecito a quello illecito e come i governi risultino in questo come colpiti da una rara forma di schizofrenia che li porta dapprima a usare l’arma fatata della trasparenza per poi ricorrere alla magia nera dell’oscurantismo. Questo sarà obbligatoriamente un altro degli obiettivi della Small Arms Survey.
Luca Iacoponi
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