Foto e testo di Stefano Romano
Si è conclusa la due giorni a Osimo, nelle Marche, all’insegna della multiculturalità con l’VIII edizione della Festa dei Popoli organizzata da Rosina Giuseppetti. Avviata nel 2005 come festa parrocchiale, negli anni è divenuta una rappresentazione in tono minore della ben più famosa Festa dei Popoli che porta ogni anno, in Piazza San Giovanni in Laterano a Roma, circa diecimila persone.
A Osimo, la piazza della parrocchia di S. Carlo Borromeo riunisce ormai quasi 1500 persone, con lo stesso spirito che anima il movimento scalabriniano, il quale ha dato origine alla festa nel lontano 1992 nella chiesa del Ss. Redentore di Val Melaina, a Roma. Lo spirito di carità verso l’immigrato con cui il padre fondatore del movimento, il vescovo Giovanni Battista Scalabrini, ha sacrificato la sua vita per rendere migliori le condizioni di vita dei migranti. E, se a S. Giovanni in Laterano, il tutto acquista un significato simbolico ai piedi della Basilica, ad Osimo, il simbolo si incarna in un grande edificio alle spalle della parrocchia, in cui negli anni ’60 venivano ospitati circa 250 figli italiani i cui padri furono costretti ad emigrare in America per lavorare. Poi col tempo l’emigrazione è diminuita e l’edificio è stato acquisito dal Comune che vi ha edificato una scuola, frequentata oggi anche da figli di immigrati.
Per questi motivi oggi la Festa dei Popoli è entrata nel DNA della storia di Osimo, come racconta Padre Luigi dal Basso, da otto anni a capo della chiesa e padre spirituale della Festa. Mostrare la bellezza delle altre culture: attraverso la gastronomia, la danza, la poesia e la liturgia multietnica. Aprire alla piccola comunità di Osimo il variegato mondo di chi è venuto a vivere qui da terre lontane. E con il tempo la partecipazione è aumentata, sia come pubblico che come apporto artistico dei gruppi folkloristici locali. Grazie anche all’intuizione delle organizzatrici della Festa dei Popoli romana, Antonella Mattei e Tiziana Menghi, di portare alcuni gruppi che abitualmente si esibiscono a Roma ogni anno.
Da Roma, quest’anno, sono venuti tre gruppi: il “Jesus Youth Movement”, ensemble indiano del Kerala, che è la propaggine romana di un movimento nato nel 1985 in India e che ora raccoglie giovani in 25 diverse nazioni, con una forte impronta religiosa e spirituale. Poi ci sono i “Mixtura Terriaxè Animation”, con ballerini italiani, peruviani e brasiliani, la cui Associazione “Vida Nova” si occupa di diffondere la cultura multietnica, soprattutto quella brasiliana, rappresentata sul palco da un ballerino brasiliano di capoeira. E il gruppo “Dor Calator” dalla Romania, alla loro quinta edizione della Festa romana e per la seconda volta ad Osimo. Nato come progetto nelle scuole italiane, nel 2007 con il nome “Nessun luogo è lontano”, e composto da bambini, ora vede un organico di cinque coppie di ballerini, genitori dei figli del vecchio progetto, ed espressione artistica dell’Associazione “Spirit Romanesc” di cui Gabriel Pirjolea ne è il direttore. Sul palco si sono esibiti con canti e balli tipici della Romania e della Moldavia, in particolare delle parti della Bucovina.
Tra i gruppi locali si sono esibiti: l’Associazione Culturale della Bolivia delle Marche e il Centro Culturale Peruviano di Ancona. Per la prima volta, si è esibita anche una rappresentanza musulmana della zona, la cui Casa della Cultura Islamica delle Marche ha avuto a diposizione uno stand per far conoscere il loro cibo e l’Islam con alcuni libri in visione; i loro saluti sono giunti anche dal palco: splendido esempio di multiculturalità per una manifestazione che ha un forte carattere religioso. La stessa liturgia che ha preceduto l’evento aveva i colori delle diverse popolazioni, nelle parole della celebrazione e nel coro.
L’evento è stato presentato da Antonella Mattei e Enrico Selleri. Un successo che è l’espressione dell’interesse crescente che dimostrano ormai gli italiani nei confronti delle diverse culture e popolazioni. E di come la religione, qualsiasi essa sia, nasca sempre per unire le persone e non per dividerle.
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