Applicando l’articolo 143.1 del Codice Penale, quello che disciplina il reato di tortura, un poliziotto che ad aprile torturò un ragazzino è stato condannato a 7 anni di carcere. Ovviamente non parliamo dell’Italia – il cui sistema legislativo non ha ancora previsto l’inserimento della tortura tra i reati – ma del Tagikistan. Il tribunale ha anche condannando l’ispettore torturatore a pagare 1619 somoni (circa 260 euro) alla vittima – un ragazzo di 17 anni arrestato per furto – per permettergli di pagare le cure mediche.
Il ragazzo era stato arrestato il 27 aprile e picchiato per ottenere una confessione del furto; rilasciato e riconvocato il giorno successivo, l’ispettore ha nuovamente alzato le mani – in maniera molto pesante – sul sospettato, che una volta tornato a casa ha anche tentato il suicidio. Anche grazie al responso medico, il tribunale ha condannato l’ispettore per tortura e abuso di potere.
E l’Italia a che punto è nella lotta alla tortura? In estremo ritardo, considerando che soltanto tre giorni fa la commissione Giustizia del Senato ha approvato all’unanimità il Ddl che introduce il reato di tortura in Italia, adeguando così i nostri codici all’ordinamento internazionale. Un’arretratezza abissale.
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