Già da diversi mesi Survival (organizzazione dedicata ai popoli tribali e ai loro diritti) sta seguendo il caso della tribù dei Guarani in Brasile (che conta circa 46mila persone). Attualmente vivono solo in una parte di quella che prima era la loro terra (conosciuta con il nome di Pyelito Kuê/M’barakai), dato che ora la devono condividere con un ranch. In effetti, la convivenza non ha nulla di pacifico.
I Guarani sono letteralmente circondati dalle guardie armate dell’allevatore e hanno molte difficoltà nel reperirsi cibo e medicine. A complicare le cose è arrivato l’ordine di sfratto, ma il popolo indiano non vuol sentire ragioni e così si appella al mondo:
“Questa sentenza è parte dello sterminio storico dei popoli indigeni del Brasile. Abbiamo perso la speranza di poter sopravvivere nella nostra terra ancestrale con dignità, e senza subire violenze. Presto saremo tutti morti. Vogliamo morire ed essere sepolti qui, insieme ai nostri antenati. Chiediamo pertanto al governo e al sistema giudiziario di non ordinare il nostro sfratto, bensì la nostra morte collettiva, e poi di seppellirci qui. Noi chiediamo, una volta per tutte, che sia ordinato il nostro massacro e che le ruspe scavino una grande fossa per i nostri corpi. Abbiamo deciso, tutti insieme, che non ci muoveremo più di qui, non importa se vivi o morti”.
Situazione tragica e sconfortante per il popolo indios, che già da anni costretto a vivere relegato in parte di quelle che erano le proprie terre, ora viene beffato anche dalle istituzioni. In tutti questi anni, i Guarani, già dovettero imparare a convivere con le problematiche portate dal progresso (suicidi, alcol e droga), ora perdono anche il legame con la loro terra.
Annarita Tucci
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