A Dadaab, nord-est del Kenya, nel più grande campo per rifugiati del mondo, è stato realizzato un Campus della Kenyatta University. Il campo ospita circa 470mila rifugiati, soprattutto somali, che fuggono dalla guerra e dalla siccità.
Il sito universitario è stato inaugurato la settimana scorsa e i primi studenti si iscriveranno il prossimo gennaio. Sono previsti corsi di marketing, scienze della comunicazione, finanza, e sulla pace ed i conflitti nella regione. Tra i futuri studenti, Mohammed Bashir Sheik, 25 anni, padre di tre figli. Blogger, lavora per il sito che fornisce notizie sul campo profughi. “Sono un giornalista e non ho mai frequentato un corso di formazione unico o workshop. Vorrei continuare la mia carriera”, ha dichiarato al ‘The Guardian’. Bashir, proveniente da Chisimaio, città portuale somala recentemente liberata dalla forza di pace dell’Unione Africana dall’occupazione islamista dei militanti di al-Shabaab.
Dominik Bartsch, capo delle operazioni per l’Agenzia dell’ONU per i rifugiati, ha dichiarato che è stato fatto un grande lavoro per stringere rapporti di cooperazione con università e donatori, per offrire borse di studio ai rifugiati. “In nessun campo di rifugiati nel mondo, esiste un luogo per l’istruzione superiore” ha detto Bartsch. “Un sito è stato messo a disposizione e ora la Kenyatta University sta lavorando per l’attuazione del campus.”
Bartsch ha inoltre aggiunto che due terzi dei posti disponibili saranno riservati ai rifugiati e il restante sarà destinato agli abitanti locali. “L’integrazione tra le due comunità è molto positiva.” I rifugiati, una volta formati, saranno in grado di contribuire alla crescita della società keniota ed in seguito aiutare la ricostruzione nel proprio paese.
Mohammed Bashir Sheik spiega che alcuni rifugiati attualmente cercano di proseguire gli studi attraverso corsi per corrispondenza organizzati dall’Università di Nairobi. Ma gli studenti avevano bisogno di un luogo dove formarsi: “Abbiamo avuto oltre 5.000 diplomati lo scorso anno e non hanno nessun posto dove andare per la formazione successiva”, ha sottolineato il giovane.
Mohammed che frequenterà il corso di scienze della comunicazione, rispondendo alle domande dell’agenzia missionaria internazionale Misna, ha dichiarato: “Sono arrivato a Dadaab quando avevo quattro anni e mezzo. Ho vissuto più tempo qui che nella mia città di origine, Chisimaio, in Somalia”. “Creare un’università in un campo profughi- conclude Mohammed – ridona la speranza a molti dei giovani che ci abitano, di potersi costruire un futuro diverso”.
Paola Totaro
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