Quando si aprono le crisi di Governo, gli equilibri sociali, dai quali dipende il benessere della popolazione, sono quelli che, per primi, rischiano di essere recisi. Ed è proprio una crisi di Governo che rischia, in questi giorni, di incidere gravemente sulla comunità indigena paraguayana del Chaco: la deposizione del presidente Fernando Lugo potrebbe diventare la causa scatenante della “estinzione” di questa piccola tribù della foresta omonima.
Con la sostituzione di Lugo con Federico Franco, le trattative per il recupero dei territori d’origine dell’ “inferno verde” si sono fatte più difficili. Al punto da suscitare perplessità e dubbi anche tra gli ambienti non governativi di Amnesty International che, in una denuncia appositamente avanzata, ha definito “preoccupante” la questione legata al benessere e alla sopravvivenza degli autoctoni paraguayani.
L’organizzazione umanitaria ha annunciato che “i negoziati sono completamente fermi da giugno 2012”. Prima di allora, la salvaguardia dei Chaco si basava su di un semplice accordo, firmato preliminarmente nel 2011, ovvero un anno prima della sospensione di ogni negoziato.
Un accordo che sanciva l’impegno congiunto alla tutela, promosso dalle autorità statali, guidate dall’Indi (Paraguay Indigenous Institute), dalle società private, che potevano vantare diritti di proprietà su ampi spazi di terra forestale, e fortemente voluto dal leader delle comunità indigene, Sawhoyamaxa.
Un patto tripartito in forza del quale opinione pubblica e autorità concordavano sul fatto che si fosse “aperta la strada per la restituzione delle terre ancestrali della comunità”. Tuttavia, nonostante le buone intenzioni preliminari, né l’Indi, né altri soggetti governativi hanno, poi, adottato misure concrete per riprendere i negoziati o per assicurare “la ripresa dei colloqui”.
Con la conseguenza di un netto peggioramento delle condizioni di vita cui sono state costrette le tribù. Infatti, mentre l’attività contrattualistica e politica di mediazione e di controllo languiva, la comunità ha continuato a vivere in condizioni deplorevoli e inumane. Le strade, il suolo pubblico, lunghi pezzi di asfalto grezzo che serpeggiano attraverso la foresta, sono diventate le loro “case, perché la loro terra è divenuta nuda proprietà “in mano ai privati”.
La sospensione del concordato è l’ennesima “battaglia perduta” in una guerra che prosegue incessantemente da più di vent’anni. Gli indigeni stanno conducendo un’estenuante battaglia legale, protrattasi nell’ultimo ventennio, mossi solo dall’obiettivo di riappropriarsi di una una superficie di 14.400 ettari, nel cuore della foresta Chaco orientale.
Stando alle cifre di un censimento risalente al 2008, l’ultima fonte ufficiale in fatto di densità nel Paese paraguayano, i membri della tribù sarebbero circa l’1,7% della popolazione, per un totale di poco più di 100.000 persone. Molte, dunque, sono ancora le incertezze che offuscano le speranze dei Chaco. E moltissimi i problemi, i disagi e le sofferenze che continuano a patire.
Emilio Garofalo
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