Siria e Turchia stanno attraversando, da nemmeno 24 ore, un’escalation di violenza che, stando alle denunce degli attivisti e degli organi di stampa impegnati al confine, sarebbero vere e proprie avvisaglie di un conflitto imminente. Sono bastati alcuni colpi di mortaio siriani, costati la vita a cinque civili turchi nel confine del loro Paese, ad inasprire le già forti tensioni tra i due Stati confinanti.
Ieri pomeriggio, la Siria ha aperto il fuoco, colpendo un’abitazione nell’area residenziale della città di Akcakale, uccidendo cinque persone (quattro erano bambini). Subito dopo l’esplosione, è stato il primo ministro turco, Tayyip Erdogan, a fornire i dettagli della vicenda, tuttavia ancora poco chiari a causa della difficoltà di stabilire con esattezza la provenienza del “fuoco nemico”.
Così, mentre le autorità cercavano di capire se si fosse trattato di un’azione dei militari o dei ribelli, la risposta della Turchia non si è fatta attendere. E, sempre nella serata di ieri, Erdogan ha confermato il protrarsi delle operazioni dei militari turchi entro i confini siriani: “Abbiamo colpito alcuni obiettivi per rappresaglia contro il mortaio che ha causato la morte di cinque civili turchi” – ha spiegato il premier.
Le forze armate turche hanno centrato alcuni obiettivi strategici all’interno dei confini della Siria. Il bilancio parla di “diversi soldati uccisi”. A seguito dell’aggressione siriana in Turchia, è intervenuta anche la Nato, che ha chiesto alla Repubblica araba retta da Assad l’immediata sospensione delle operazioni “di aggressione”.
Quella delle ultime 24 ore viene registrata come la più grave escalation degli ultimi 18 mesi. Erdogan ha spiegato di aver agito in linea con la regolamentazione internazionale adottata dalla Turchia negli scorsi mesi estivi. Mentre l’osservatorio siriano per i diritti umani ha riferito le dinamiche della rappresaglia turca.
Il bombardamento è avvenuto nel distretto di Tel Abyad, a pochi chilometri dalla città di Akcakale. I soldati turchi hanno localizzato col radar gli obiettivi, successivamente colpiti. E mentre i militari attaccavano, da Ankara Erdogan rincarava la dose, affermando che “la Turchia non si farà trovare impreparata se si ripeteranno nuovi attacchi. Il Paese –ha aggiunto il capo dell’esecutivo- è pronto a colpire ancora”.
I colpi di mortaio siriani, stando ai malumori del governo, sarebbero il segnale di una tensione oramai difficilmente controllabile, a soli quattro mesi dall’abbattimento del jet militare turco colpito, nel giugno scorso, stando alle versioni ufficiali, da un razzo siriano, e successivamente affondato in acque internazionali.
E, benché non siano ancora stati chiariti i dettagli della vicenda, già in estate, a seguito della perdita del jet, Erdogan, intenzionato a non subire più alcuna aggressione da parte del regime di al-Asad, aveva minacciato la Siria, lanciando un ultimatum e chiedendo la chiusura degli spazi aerei. La crisi tra i due Paesi preoccupa non poco anche i vertici Nato, ai quali Ankara ha chiesto di “farsi carico dell’attacco subito”.
Ma per adesso quelle giunte a supporto della Turchia sono solo risposte “politicamente corrette” : il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha definito la strage “oltraggiosa”. E parlando della crisi al confine tra Turchia e Siria, l’ha definita “una situazione molto delicata”.
Anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha detto la sua, invitando il regime siriano a “rispettare pienamente l’integrità territoriale dei Paesi vicini, ponendo fine a ogni violenza contro la popolazione”.
E, ancora, i bombardamenti sono la punta dell’iceberg, ovvero tutto un sottobosco di imposizioni, ora sottaciute ora ribadite duramente in pubblico, strategie, mosse e tatticismi. Sullo sfondo, anche la preoccupazione legata agli infiltrati jihadisti presenti tra le file dei ribelli siriani, che potrebbero aggravare gli equilibri della battaglia civile.
In fine, e come se non bastasse, la tensione turco-siriana rischia di alimentare anche nuove polemiche tra America e Oriente, con Russia e Cina impegnate in un fronte comune, se non pro-Siria di sicuro molto meno accomodante nei confronti della Turchia rispetto a quello delle forze occidentali.
Infatti, se gli americani si sono schierati incondizionatamente al fianco della Mezzaluna, dal Palazzo di Vetro è stato diramato un comunicato del vice primo ministro russo, Gennady Gatilov, nient’affatto distensivo.
“L’attacco subito non diventi una scusa per giustificare un intervento militare o per garantire azioni di controllo nei corridoi umanitari e internazionali” – ha intimato Gatilov. Un’inequivocabile conferma di come la crisi non sia affatto circoscritta alla linea di confine mediorientale.
Emilio Garofalo
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