Era il maggio 1985 quando un luogotenente guatemalteco ventisettenne bussa alle porte degli States per chiede asilo politico per se e per la propria famiglia minacciati dai guerriglieri di sinistra del suo paese. Oggi, 27 anni dopo, Jorge Vinicio Orantes Sosa – quello stesso militare – sta per essere giudicato come l’esecutore materiale del massacro in cui nel 1982 nel villaggio di Dos Erres persero la vita più di 250 persone.
La vicenda di Sosa è quella di un militare in fuga da una guerra che chiede asilo politico prima negli Stati Uniti, poi di fronte al rifiuto, in Canada. La storia di un uomo che in questi anni si è ricostruito una vita come istruttore di karate e ora, detenuto nella California del Sud, si trova di fronte a una corte dopo essere stato estradato dal Canada a Los Angeles, accusato di aver mentito per nascondere il suo presunto ruolo in uno dei peggiori crimini di guerra nella storia recente delle Americhe. In questi anni – secondo quanto si apprende dalla stampa locale – l’uomo sarebbe riuscito a farla franca a causa di sviste e la mancanza di controllo da parte dei governi del Canada e degli Stati Uniti. Nel 1985 Sosa aveva infatti dichiarato – raccontando nella domanda di asilo le sue imprese di combattimento – di aveva servito come istruttore nelle elite “Kaibil commandos” e come comandante nella sanguinosa guerra civile in Guatemala. Sosa è inoltre indagato dalle autorità guatemaliane per il suo coinvolgimento nella strage di Dos Erres.
Il cittadino guatemalteco, che negli anni ha acquisito la cittadinanza americana e canadese, continua a proclamarsi innocente. “È tutto un complotto. Sto lottando per la mia innocenza. Sto lottando ancora per la mia innocenza” ribadisce l’ex militare che sostiene l’ipotesi di un tentativo della sinistra di incastrarlo, negando anche i racconti dei testimoni oculari secondo cui avrebbe supervisionato le uccisioni di uomini, donne e bambini e gettato una granata in un pozzo colmo di vittime. Sosa a sua discolpa sostiene che il giorno della strage si trovava in un altro villaggio per un progetto civile. Nella lettera scritta a ProPublica e recapitata dal fratello Hugo scrive: “Entrambi i governi sapevano che io fossi iscritto all’esercito del Guatemala e conoscevano le mie azioni in guerra. Gli Stati Uniti sapevano benissimo che ero un ufficiale dell’esercito guatemalteco”.
Sosa è – tra i sette indagati, tra cui due alti ufficiali attualmente in libertà- il militare più alto in grado che si trova ad affrontare il processo per il massacro di Dos Erres, una pietra miliare per la storia del Guatemala e i governi degli Stati Uniti, che sono collegati da passato violento del Guatemala e del presente rappresentando trent’anni dopo – si legge su ProPublica – “una prova di lotta contro l’illegalità del Guatemala. I tribunali hanno condannato cinque soldati negli ultimi 14 mesi. Erano i primi verdetti colpevoli di uno dei più sanguinosi massacri della guerra, conclusasi nel 1996 e ha portato più di 200.000 morti. I pubblici ministeri hanno anche accusato l’ex dittatore Efraín Ríos Montt nel caso Dos Erres, sostenendo di essere stato la mente della strategia dietro il massacro”. Rimangono da chiarire anche le responsabilità dei funzionari statunitensi e canadesi sulla verifica del fascicolo della richiesta di asilo.
Valentina Ersilia Matrascìa
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[…] Guatemala – Pedro Pimentel Rios,ex militare estradato dagli Usa nel luglio del 2011, il 14 marzo 2012 è stato condannato a 6060 anni di carcere per essere stato riconosciuto colpevole d’aver preso parte al massacro di Dos Erres nel 1982, che provocò la morte di oltre 250 civili. Anche altre 4 persone erano state condannate alla stessa pena. Gli anni complessivi sono il risultato della somma di 25 anni di carcere per ogni omicidio. Tutti i condannati erano membri di un’unità speciale dell’esercito del Guatemala chiamata Kaibiles. Nel dicembre 1982, i militari per tre giorni avevano interrogato e torturato gli abitanti del villaggio, tra i quali donne e bambini (leggi anche: Sosa, il macellaio del Guatemala che ottenne asilo politico in Canada). […]