Il 5 ottobre 1981 Raoul Wallenberg, il “Giorgio Perlasca svedese”, diventa cittadino onorario degli Stati Uniti. Chi era quest’uomo che ha salvato la vita a migliaia e migliaia di ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale?
DALLA NOBILTA’ SVEDESE AL GHETTO DI BUDAPEST. Di origine aristocratica, giovane di buona cultura e laureato in architettura dal futuro decisamente raggiante, decide – nel 1944 e a soli trentadue anni – di cambiare la propria vita, fino a quel momento passata negli agi: Raoul prende a cuore la situazione degli ebrei europei, dopo che le voci sullo sterminio per mano nazista raggiungono anche la neutrale Svezia. E proprio la neutralità del proprio Paese – rendendolo un uomo sopra ogni sospetto – gli consente di intraprendere la ‘missione redentrice’. Forte della propria cittadinanza e dell’ottima conoscenza del tedesco, Wallenberg giunge a Budapest (occupata dai nazisti e dalla polizia del governo collaborazionista delle Croci Frecciate) in qualità di delegato svedese.
PASSAPORTI DI PROTEZIONE. Nella capitale ungherese viene attuato il piano di Wallenberg: dare “passaporti di protezione” (Schultz-Pass) a chiunque abbia possibilità di dimostrare un – seppur minimo – legame con la Svezia (spesso i legami richiesti si dimostrano fasulli e inventati di sana pianta); i “passaporti” – che, anche se riportano la bandiera svedese e lo stemma della Corona, sono ovviamente senza nessun valore giuridico – conferiscono immunità ai possessori. Con le mani legate per motivi diplomatici (la Svezia, ricordiamolo, era neutrale), le SS vedono passarsi sotto al naso migliaia di ebrei (improvvisamente e inspiegabilmente diventati di origine svedesi) che si dirigono nelle “case svedesi” (istituite da Raoul stesso per accogliere i possessori delle Schultz-Pass, spesso salvati proprio all’interno dei treni in partenza verso i campi di concentramento) che, con cucine da campo, ospedali, orfanotrofi e scuole, rappresentano veri e propri accampamenti della solidarietà. Negli ultimi giorni di guerra sventa inoltre il piano nazista di far esplodere due ghetti, salvando così circa 100mila persone.
NELLE PRIGIONI STALINIANE. Dopo la guerra, il buio. I sovietici catturano quest’uomo del nord che sa esprimersi bene in tedesco. Sospettosamente bene. E nelle prigioni staliniane si perdono le tracce di questo eroe; alcuni lo danno deceduto nel 1947 per morte naturale, altri invece testimoniano di averlo incontrato in ospedali psichiatrici russi dopo gli anni ’60.
WALLENBERG OGGI. A nulla sono serviti i dibattiti tra Svezia e Russia (che fatica ad ammettere di aver arrestato e fatto morire nelle proprie prigioni un diplomatico svedese), ma la sua patria lo considera un eroe e ha a lui dedicato diversi istituti, a Budapest c’è un parco in suo onore con un salice piangente d’argento alla memoria e in Israele ha la sua pianta nel Giardino dei Giusti.
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