L’aumento delle azioni di sfruttamento per quanto riguarda le risorse naturali è indice della nostra mancata consapevolezza e responsabilità in quanto esseri umani sull’importanza di preservare la Terra. Ciò ha un forte impatto sulla qualità dell’ambiente, a livello globale. In Indonesia, in particolare, i problemi da affrontare oggi sono legati alle fonti energetiche, dal petrolio alle risorse minerarie, sempre più ridotte. L’innovazione e la ricerca per individuare fonti alternative e rinnovabili diventano allora indispensabili.
Parlando di questo tema, in Borneo Occidentale, è noto un gran risparmio in materia di risorse naturali non minerali, le quali possono essere sfruttate per produrre energia alternativa. Si prendano come esempio il manto forestale o le piantagioni, tra gli altri.
Proprio basandosi su questo, tre studenti della Facoltà Tecnica presso l’Università Tanjungpura, a Pontianak, in Borneo Occidentale, hanno portato avanti un esperimento per indagare più a fondo sul potenziale di queste piante. I loro nomi sono Jamaludin, Lubena Hajar Velayati ed Ari Widodo.
Molte sono state le ricerche da loro attuate, a partire dalle piante di anguria, i pomodori, le carote, il mais, sino alla manioca. Tuttavia, Lubena Hajar Velayati ed i suoi due colleghi si sono focalizzati maggiormente sui fiori, o meglio sugli Hibiscus / Shoes Flowers.
“Abbiamo preferito condurre le nostre ricerche sui fiori d’ibisco, poiché questa pianta non costituisce anche una fonte di cibo. Se in questo momento concentrassimo la nostra attenzione su vegetali commestibili per tramutarli in fonti d’energia alternative, tali alimenti potrebbero diminuire, questo è il nostro timore”, spiega Lubena.
Vi è una caratteristica che contraddistingue questo fiore, il cui nome latino è Hibiscus rosa-sinensis L, esso è utilizzato come pianta ornamentale, ma è anche in grado di assorbire bene la luce del sole, e la sua efficacia è molto alta.
Gli studenti di tale Programma di Ingegneria Ambientale hanno ammesso che, per condurre l’analisi dalla fase iniziale a quella finale, hanno impiegato soltanto cinque giorni di tempo. Il costo per testare ciascuna cella è di circa 4.500 rupie.
“Il materiale che abbiamo sottoposto alla ricerca, come i fiori d’ibisco, richiede un’immersione di due giorni e due notti,” afferma.
Tuttavia, sono stati necessari due mesi per ricercare gli scritti. Un altro ostacolo che essi hanno dovuto affrontare è stata la mancata disponibilità di TCO. Si tratta di due substrati in vetro, rivestiti appunto dalla Transparent Conducting Coating / transparent Conducting Oxide (TCO).
Poiché non è stato possibile utilizzare i TCO, i cui costi sono anche sostenuti, dato che devono essere ordinati all’estero, come strumento per ricevere la luce solare sono stati usati invece dei vecchi calcolatori con LCD oppure l’LCD dell’Handphone.
Ma una volta svolto il test, la forza elettrica prodotta per attivare un singolo LED andava immediatamente esaurendosi.
“Questo accade perché non vi è power saving generato dall’energia dei raggi solari,” dichiara Lubena.
La studentessa, che ora frequenta l’ottavo semestre, ha poi aggiunto che il costo sostenuto per l’intera sperimentazione varia dalle 300.000 alle 600.000 rupie.
“Continueremo a lottare per cercare altre fonti d’energia alternativa,” dichiara con convinzione.
I risultati dell’innovazione di questi tre studenti hanno ricevuto altissimo punteggio e apprezzamento in Borneo Occidentale. È stato infatti condotto a riguardo un monitoraggio valutativo dall’Istruzione Superiore.
“Sebbene ciò non basti per concorrere a livello nazionale, tuttavia i risultati sono piuttosto incoraggianti ed il prodotto del lavoro di questi tre studenti ha molto sorpreso i cittadini, in occasione delle presentazioni tenutesi sia in Borneo occidentale che in Malesia per mostrare i test sulle celle solari,” afferma il Dr. Eng. Ferry Hadary, S.T, M.Eng, docente supervisore e III Vicepreside della Facoltà.
In quanto docente elettrotecnico, Ferry Hadary ha molto a cuore la sua comunità. Egli, assieme ai tre studenti, continuerà le ricerche per energie alternative. Ciò, utilizzando materiali già presenti in natura, proprio come i fiori d’ibisco.
“L’idea dei miei studenti è stata molto creativa, utilizzare soltanto il vecchio display LCD di una calcolatrice e l’ex display LCD di un Handphone, essi sono altamente efficaci nell’assorbimento dei raggi, e possono generare un gran numero di Volt per una singola cella solare,” spiega Ferry.
In relazione a ciò, il Presidente della Facoltà Tecnica, Ir. Junaidi M.SC, ha affermato che le ricerche, di qualsiasi natura esse siano, sono strettamente collegate al campo scientifico, all’Istruzione Superiore mondiale, e vanno incoraggiate il più possibile. In questo momento la nostra attenzione è rivolta all’energia. Quindi per quanto riguarda qualsiasi oggetto relativo alla ricerca sulle energie rinnovabili, la Facoltà offre ampie opportunità a studenti e docenti per sviluppare l’argomento.
“Gli studenti possono utilizzare le attrezzature dei laboratori e, qualora fosse necessario muoversi a livello nazionale per dei seminari, la Facoltà è pronta a finanziare. Non soltanto i risultati sono eccellenti, ma ciò sicuramente terrà anche alto il nome della nostra Facoltà ed Università nella Nazione,” conclude il preside.
Profilo dell'autore
- Sono nato e vivo tutt'ora in Indonesia. Una nazione plurale, multiforme, con migliaia di isole, migliaia di tradizioni, di etnie, di lingue locali. Sono 11 anni che lavoro nel mondo del giornalismo, ho iniziato da un piccolo giornale locale, per poi diventare inviato televisivo per un'emittente nazionale. Ora, oltre a scrivere per Frontiere News, lavoro come giornalista full time per un rivista internazionale, e faccio anche il Freelance. Sono sposato con una donna italiana, che mi continua a dare l'energia per scrivere. Non sono un amante della politica, ma nei miei articoli cerco di trasmettere il mio amore per la natura, le tradizioni e le usanze dei popoli.
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