Nigeria, uccisi 14 cristiani. L’ombra di Boko Haram

Insieme ai rituali religiosi della domenica cristiana, nel nord della Nigeria si ripete un altro rituale: quello delle violenze a danno delle comunità cristiane. Ieri domenica 25 novembre l’obiettivo è stato la chiesa protestante di St Andrew, nella città di Jail. Un kamikaze a bordo di una Kia imbottita di esplosivo si è lanciato contro l’edificio al termine della funzione religiosa. Tra le grida dei fedeli, un’altra auto, una Toyota Camry, è stata fatta esplodere a distanza di 10 minuti. Il bilancio è di 11 morti e 30 feriti. Un attacco combinato, infatti altri tre cristiani sono stati uccisi in un agguato mentre si dirigevano nella loro chiesa a Kano.

I sospetti si concentrano sul gruppo terroristico islamista integralista Boko Haram, autore di diversi attacchi contro la minoranza cristiana della zona. L’ultimo risalente o ottobre, quando un kamikaze uccise 8 persone e ne ferì un centinaio. Secondo un portavoce dell’esercito nigeriano,  il generale Bola Koleoso, non è chiaro come abbiano fatto i kamikaze a penetrare nell’area militare, dove a causa dei precedenti attentati sono stati aggiunti controlli rafforzati.

Questo evento si inserisce in una spirale d’odio verso i cristiani, che tocca anche il mondo musulmano. Sono molte le vittime islamiche, secondo il neo cardinale nigeriano, John Olrunfemi Onayekanlo il doppio di quelle cristiane, causate da vendette famigliari. Secondo Human Rights Watch, dal 2009 sono 3000 i cristiani rimasti uccisi a causa di assalti e attentati ad opera del gruppo terroristico il cui nome in lingua hausa significa “l’educazione occidentale è peccato”.

Sull’episodio è intervenuto anche l’arcivescovo di Abuja, Onaiyekan, che ha detto: “I musulmani nigeriani non sono Boko Haram, la grande maggioranza degli islamici con cui abbiamo a che fare ogni giorno non coltiva le stesse idee. Con gli islamici abbiamo molte cose in comune. A prescindere dai valori spirituali che cristiani e musulmani condividono, c’è il fatto che siamo cittadini dello stesso Paese e dobbiamo affrontare gli stessi problemi, le stesse sfide. Perciò dovremmo unire i nostri sforzi, anche intellettuali, per risolvere questi problemi”.


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