Settantasei giornalisti in carcere. E’ questa la denuncia mossa contro la Turchia dalla Fej – Federazione europea dei giornalisti. La denuncia pubblica è stata fatta il 5 novembre, in occasione della Giornata Europea per la Difesa del Giornalismo intitolata “In piedi con il giornalismo“, proprio per manifestare la solidarietà verso i cronisti detenuti ingiustamente, incarcerati grazie ad una legge contro il terrorismo.
Negli stessi giorni il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha celebrato ad Ankara i primi dieci anni del suo governo come leader del partito dell’Akp, augurandosi di rimanere al potere fino al centenario della Repubblica previsto per il 2023. Una leadership, quella del premier Erdogan, che di sicuro non si è distinta per l’attenzione verso i diritti umani, visto l’incidenza di arresti sotto la sua legislatura.
L’ambasciatore turco Mehmet Hakan Olkav ha ricevuto da parte della Fej una lettera sottoscritta da tutta l’associazione, ovvero da 310mila giornalisti, dove si sollecita il governo “di rilasciare tutti i cronisti incarcerati che sono trattenuti sulla base della loro attività giornalistica e a mettere fine all’uso delle leggi anti-terrorismo contro i giornalisti, in violazione dell’articolo 10 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo”.
Secondo il rapporto del Cpj – Comitato per la protezione dei giornalisti – in Turchia si sta verificando una delle più vaste operazioni di repressione della libertà di stampa degli ultimi anni. I giornalisti incarcerati a causa dei loro articoli sono 61 e non mancano le tattiche di pressione per convincerli all’autocensura. Secondo quanto emerge da questo rapporto, la maggior parte di questi giornalisti è accusata di avere legami con il Pkk, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, e quindi di essere a favore della loro lotta armata. Altri invece sono indagati per la presunta appartenenza a gruppi clandestini o per sospette pianificazioni di colpi di Stato.
Nonostante queste prove però, il Cpj ha dichiarato di non poter ancora esprimere giudizi senza prima esaminare tutte le prove di ogni caso. A causa della natura politica della stampa in Turchia infatti, è difficile stabilire il confine tra giornalismo e attivismo. Proprio per questo l’organizzazione ha iniziato un’analisi approfondita caso per caso che ha portato alla suddivisione dei giornalisti imprigionati: “Impriogionati per giornalismo” e “Imprigionati : Circostanze in esame”.
Ilaria Bortot
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