Nell’ultimo giorno di campagna elettorale, Barack Obama scommette sugli elettori, Mitt Romney insiste sulla ripresa economica. Si stagliano, alle spalle di entrambi, i numeri dei sondaggi, che vogliono la riconferma alla Casa Bianca del presidente Obama. L’afroamericano contro il mormone. Il democratico contro il repubblicano. In un rush finale che alterna momenti di politica contenutistica ad altri di retorica, ad altri ancora di spettacolarizzazione dell’agone delle presidenziali.
Sono in molti a contraddire le previsioni di queste ultime ore, secondo cui Obama sarebbe in vantaggio, ma starebbe anche “navigando a vista”, reduce di una campagna elettorale condotta tra “alti e bassi”, in cui ha sia piegato la testa di fronte alle accuse di inefficacia mosse da Romney, senza riuscire, in alcune occasioni, nemmeno a replicare, sia portato avanti il gioco con grande esperienza, sapendo riemergere dalle acque agitate del dissenso dell’opinione pubblica, superando poi Romney sul piano della potenza oratoria e, in fine, del consenso.
Quello che gli analisti repubblicani concordano, in definitiva, nel considerare un vero e proprio “testa a testa”. Ma se da un lato (quello appunto repubblicano, di Romney) si sceglie di giocare il “tutto per tutto” cercando il consenso nella classe della destra delle contee rurali o degli ambienti mormoni, dall’altro il candidato democratico sta cercando di attrarre a sé anche la piccola e media borghesia, le minoranze, la classe operaia, e quella “middle class” non soltanto abbandonata ma anche “sbeffeggiata”, nei fuori-onda, da Romney.
Tuttavia, nonostante un appeal che, benché leggermente sfocato e consunto, rimane innegabile, non c’è anche chi non veda, nelle parole di Obama, l’ennesima “parte recitata”, in cui si parla di un passato vissuto tra difficoltà e promesse sempre mantenute, successi che “se gli elettori non voteranno, andranno per sempre perduti”. Un presidente che cerca la fiducia degli americani sfoderando gli argomenti di una vittoria politica, raggiunta anche sul piano dell’economia e dell’occupazione e calcando i palchi insieme con i giganti dello show business (la foto dell’abbraccio con la rockstar Bruce Springsteen ha fatto, in pochi minuti, il giro del mondo).
Economia e occupazione, comunque, sono gli stessi temi usati, naturalmente per obiettivi ben diversi, e fino allo sfinimento retorico, da Mitt Romney, nelle roboanti settimane della sfida condotta tra comizi e confronti televisivi. Terminata nella speranza che il cambiamento, da domani, possa dare vita a una “stagione migliore”.
Una stagione in cui l’America potrebbe persino “tornare a ruggire”, sotto la spinta del riordino del mercato del lavoro e dello sviluppo della politica finanziaria, che sono stati, anche nelle battute conclusive della campagna elettorale, gli aergomenti prediletti del candidato repubblicano. Nonostante il certo disinteresse, mostrato dall’elettorato, che ha partorito queste proiezioni: Obama favorito al 50% , Romney “fermo” al 46%. In attesa della conta finale dei voti, delle conferme o di un eventuale rovesciamento delle previsioni.
Emilio Garofalo
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