Nella mattinata dello scorso 10 dicembre è stata uccisa Nadia Sidiqi, responsabile del dipartimento per le questioni femminili della provincia di Laghman in Afghanistan. La donna è stata assassinata a colpi d’arma da fuoco, mentre si recava a lavoro proprio nella giornata internazionale dedicata ai diritti umani. A dir poco inquietante è che, pressappoco 5 mesi prima, nel luglio 2012 la stessa sorte ebbe la sua predecessora Hanifa Safi, che invece subì un attentato dinamitardo.
Immediate le risposte soprattutto degli enti umanitari, che vedono nell’attentato violati diritti delle donne, oltre che un grave atto d’arresto per la cultura e la società afgana. “Non si è trattato di un atto di violenza isolato. Il fatto che la predecessora di Nadia Sidiqi sia stata assassinata appena pochi mesi fa è indice del fallimento delle autorità afgane, che non hanno saputo fornire adeguata protezione ad Hanifa Safi, a Nadia Sidiqi e ad altre donne impegnate in favore dei diritti umani” – afferma Horia Mosadiq, ricercatrice di Amnesty International sull’Afghanistan- “l’impunità nei confronti della violenza contro le donne è un fatto endemico in Afghanistan. Il governo afgano deve avviare immediatamente un’inchiesta indipendente sull’uccisione di Nadia Sidiqi e aumentare il livello di protezione per le funzionarie del ministero delle questioni femminili. Il governo dell’Afghanistan deve inoltre dare uniforme attuazione alla Legge sull’eliminazione della violenza contro le donne. Entrata in vigore nell’agosto 2009, criminalizza i matrimoni forzati, lo stupro e altri atti di violenza contro le donne ma viene applicata sporadicamente”.
Sulla stessa linea è anche Irina Bokova, direttore generale dell’UNESCO, che trova “l’assassinio inaccettabile”- dice – “L’Afghanistan sta lottando per diventare una società pacifica e giusta. Non possiamo lasciare che la violenza faccia deragliare questo compito vitale”.
Annarita Tucci
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