Il volto dell’Inghilterra si fa meno “british”. Sarà a causa dell’effetto boomerang del suo passato colonialista, del libero mercato che punta sulla manodopera straniera o forse dell’approccio multiculturalista che la contraddistingue, di fatto i bianchi di origine britannica sono passati ad essere una minoranza proprio nella capitale riducendosi in meno di un decennio dal 58% al 45% della popolazione.
Un tempo destinazione favorita degli immigrati irlandesi in cerca di migliori condizioni economiche, oggi l’Inghilterra è principalmente meta di polacchi, indiani e pakistani con una presenza di cittadini stranieri arrivata a ben 7 milioni e mezzo sui 56,1 milioni complessivi di abitanti.
Proprio dalla comunità indiana emerge uno dei simboli più forti del mutamento graduale dell’identità inglese, al cittadino Jatendarpal Bhuallam di origine sikh è stato infatti concesso di indossare il turbante tradizionale della sua cultura durante il turno di guardia a Buckingham Palace contravvenendo alle norme sulla divisa delle Guardie Scozzesi.
Apparentemente un fatto di poco conto, questo “cambio della guardia” può invece assumere complesse sfumature culturali che suscitano non pochi interrogativi sull’evoluzione dell’identità inglese.
In un momento storico delicato come quello dell’attuale crisi economica che ha investito l’Europa, è forse lecito per l’Inghilterra interrogarsi sull’effettiva importanza della presenza degli stranieri nel suo territorio e valutare i vantaggi della loro completa integrazione all’interno di un tessuto sociale così complesso e in continuo mutamento, in cui il multiculturalismo rappresenta sempre di più una risorsa più che una minaccia di disgregazione identitaria.
Federica Cuccia
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