A chiedere aiuto alla comunità internazionale sono volti e voci note, come quelle di Jacques Chirac, Mohamed Ali, il nobel per la pace Leymah Gbowee. Tutti insieme hanno chiesto, tramite il quotidiano francese Le Monde, che si fermino i continui massacri da parte dei ribelli nella regione di Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo.
I ribelli “uccidono e stuprano”, non si fermano davanti a nulla e sono già milioni i morti vittime della razzia di “bande di mercenari e saccheggiatori”. Tra queste il gruppo M23, guerriglieri di etnia tutsi che da sempre mirano alla città di Goma, che vogliono come capitale del loro “regno”.
Al confine tra la Repubblica democratica del Congo e il Ruanda, le popolazioni scappano a nascondersi nelle foreste mentre i miliziani compiono esecuzioni sommarie che non risparmiano donne e bambini. A riferire questi dati il contingente Monusco, la missione delle Nazioni Unite che dal 1997 osserva la situazione portando avanti una missione di peace-keeping che dovrebbe arginare le guerre tra bande e che, evidentemente, non riesce a fare il suo dovere.
Gli stessi 17mila caschi blu a cui si appellano i nomi illustri su Le Monde, chiedono all’Onu di intervenire invece di rimanere solo fermi lì a “guardare e constatare”. Missione costosissima che ha però le mani legate fino a quando una risoluzione del Consiglio di Sicurezza non permette loro di agire.
Intanto, questa guerriglia, è costata la vita a circa 5 milioni di persone, spesso uccisi in base alla loro etnia, da guerriglieri che mirano a conquistare la zona dei Grandi Laghi africani. La regione di Kivu infatti, è ricca di acqua, suolo e terre fertili, un’isola felice dilaniata dal martirio perpetuato da bande senza scrupoli.
Se la missione dell’Onu è quella di portare la pace, allora, chiede l’appello “è ora che facciano il loro mestiere e che compiano il loro mandato”.
Ilaria Bortot
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l’ONU ha mai portato pace da qualche parte?