Twitter ospita l’ennesimo dibattito diventando, come ormai di rito, ring virtuale di grandi arringhe lunghe 140 caratteri. A lanciare l’accusa questa volta è Spike Lee che incolpa il collega regista Quentin Tarantino di “razzismo”.
“Non andrò a vedere Django Unchained. Sarebbe una mancanza di rispetto verso i miei antenati. La satira della schiavitù non è uno spaghetti western alla Sergio Leone. E’ stato un Olocausto, i miei antenati erano schiavi, rapiti dall’Africa. Non andando a vedere il film renderò loro omaggio”.
Non pago di ciò, ha accusato Tarantino di usare in modo dispregiativo la parola “nigger”, ormai in disuso da anni, addirittura bandita dalla lingua scritta e parlata. Insomma, una vera e propria invettiva.
Spike Lee non è certo nuovo a questo genere di critiche, di razzismo in passato erano già stati accusati Clint Eastwood e Walt Disney. Per il regista di “Fa’ la cosa giusta” e “Malcom X”, il tema della lotta alla schiavitù nel nuovo film di Quentin viene spiegato in modo distorto mentre un argomento così delicato andrebbe trattato con molta più attenzione.
Immediata la risposta di Tarantino, che ha definito le critiche ridicole e ha sottolineato come fosse impossibile non usare la parola “nigger”: “Nessuno può rinfacciarmi di aver usato questa parola nel film, non più di quanto non facesse la gente nel 1858 in Mississipi, tempo e luogo dove è ambientato il mio film”.
E si sa, c’è poco da discutere con chi ha messo in vita personaggi del calibro di Beatrix Kiddo o Elle Driver. La katana è affilata al punto giusto e come ha detto lo stesso Tarantino, “C’è chi mi chiede di mentire, io non lo faccio mai”.
Spike Lee è avvisato, l’unico consiglio che ci resta da dargli è “Fa la cosa giusta”.
Ilaria Bortot
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