Trascorrere una vacanza all’estero per i cittadini cubani non è più vietato. Annunciata da Raúl Castro lo scorso ottobre, la reforma migratoria è entrata oggi in vigore. I cittadini potranno ottenere il passaporto dopo averne fatto richiesta presso uno dei duecento uffici statali dislocati lungo l’isola.
Segno di acquisita libertà o semplicemente concessione di un diritto da tempo garantito in tante altre parti del mondo (quantomeno in quello occidentale)? Sta di fatto che la nuova legge rappresenta un’assoluta novità per i cubani.
Durante gli anni ’60 e ’70, in un periodo di consistenti esodi dall’isola, si andava formando il fenomeno dei dissidenti che sbarcati per lo più in Florida, potevano rappresentare un serio pericolo per l’immagine della rivoluzione. Punite dal regime con il divieto di ritorno in patria, intere famiglie rinunciavano alla propria nazionalità e lasciavano la propria terra da gusanos, vermi. Da allora sono trascorsi 50 anni durante i quali il controllo si è mantenuto sempre alto. Era consentito partire alle ragazze che sposavano uno straniero, ai membri della nomenclatura, agli artisti, ai medici in missione e agli sportivi. Per tutti gli altri c’era la tarjeta blanca, la tessera bianca che lo Stato rilasciava in via del tutto eccezionale.
Oggi, nonostante la riforma, esistono ancora parziali limitazioni per alcune categorie di cittadini. La legge infatti nega il passaporto ai dissidenti politici, ai sospettati di voler viaggiare solo per raccogliere fondi e fare propaganda antirivoluzionaria, ai giocatori di baseball e di pallacanestro (corteggiati dalle squadre Usa), ai militari e gli scienziati di “fascia alta”.
Teodora Malavenda
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