La scorsa settimana la Corte Suprema Indiana ha finalmente posto fine allo scempio dei “safari umani” nelle isole Andamane, un arcipelago a sud del Golfo del Bengala, ai danni della popolazione indigena degli Jarawa. Questa tribù indigena è considerata una delle più numerose al mondo e una delle prime a spostarsi dall’Africa verso l’Asia migliaia di anni fa.
Questa pratica, diventata l’emblema di quanto i flussi turistici possano diventare un fattore di distruzione delle diverse culture locali e di quanto essi impattino negativamente sulla vita delle popolazioni autoctone, era già stata oggetto di numerose denunce da parte dell’organizzazione Survival International.
Questa stessa associazione, che si batte da anni per i diritti delle popolazioni indigene nel mondo, aveva denunciato come i tour operator locali avessero aperto una strada illegale per condurre i turisti all’interno della foresta dove vive la tribù dei Jarawa e di come gli accompagnatori turistici e i taxisti cercassero di attirare gli appartenenti alla tribù con biscotti e cibarie varie. Survival International aveva inoltre promosso un’iniziativa di sensibilizzazione rivolta ai turisti e volta a boicottare gli itinerari diretti nella riserva degli Jarawa.
Di questa situazione ne avevamo già parlato in un articolo del 16 gennaio 2012 descrivendo come queste popolazioni subissero continue umiliazioni e soprusi come ad esempio quello testimoniato da un video dal quotidiano Guardian nel gennaio 2012 in cui un poliziotto obbliga, in cambio di cibo, delle donne di questa tribù a danzare per i turisti.
La sentenza della Corte Suprema Indiana, già anticipata da una precedente sentenza che sanciva l’obbligo di non creare villaggi turistici o avviare attività turistiche nei pressi della riserva, è venuta come una manna dal cielo: ha infatti proibito ai tour operator la realizzazione di itinerari turistici che comprendano la strada che passa nel mezzo della riserva di questa tribù indigena.
Stephen Corry, direttore generale dell’organizzazione Survival International, ha commentato la vicenda sostenendo che: Questo nuovo ordine temporaneo è positivo, ma rimarrà fine a se stesso se la Corte Suprema permetterà alle autorità andamanesi di aggirare platealmente, ancora una volta, le sue decisioni. È di vitale importanza che questa ordinanza sia rispettata e sia messa fine ai safari umani. Decidere se, come e dove gli estranei possono attraversare le loro terre spetta solo agli Jarawa”. Decisamente più ottimista e solenne è Sophie Grig, una delle attiviste da più tempo coinvolte nella battaglie di Survival International, che al quotidiano Guardian, riferisce: “Vediamo questa decisione come un importante vittoria per fermare tutti i safari umani presenti nel mondo. Questa decisione porrà fine ai trattamenti perpetuati nei confronti degli Jarawa, trattati come animali in uno zoo.
Stefano Zambon
Profilo dell'autore
- Dal 2011 raccontiamo il mondo dal punto di vista degli ultimi.
Dello stesso autore
- Americhe20 Dicembre 2024Usare l’AI per ridare un’identità a 10 milioni di schiavi afroamericani
- Centro e Sud America20 Dicembre 2024Capoeira, la ‘danza’ che preparava gli schiavi alla libertà
- Nord America19 Dicembre 2024La vita straordinaria di Elizabeth Miller, da Vogue a reporter di guerra
- Europa19 Dicembre 2024La doppia vita di Solomon Perel, nella Hitlerjugend per sopravvivere all’Olocausto