di Dario Intini
Se qualcuno pensava che il pacchetto di sanzioni varate dalle potenze occidentali contro le maggiori istituzioni governative iraniane avrebbe lasciato impunito il popolo, si sbagliava di grosso. Infatti chi sta pagando sul serio i sospetti di un programma atomico a scopi militari è proprio la gente comune la cui unica vera colpa che le si può attribuire è quella di essere cittadini iraniani.
Da qualche tempo in Iran è emergenza farmaci e il panico è scoppiato soprattutto fra coloro che hanno patologie che esigono somministrazioni quotidiane come l’emofilia, la talassemia e la sclerosi multipla. Alcuni pensano che la carenza di medicinali sia il risultato della disastrosa situazione economica prodotta dalle sanzioni. Ma gli analisti sostengono che sia causata dalla combinazione delle sanzioni internazionali con la cattiva gestione dell’economia degli ultimi anni. Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha fatto in fretta a lavarsi le mani sulla questione precisando che i medicinali e altri beni umanitari sono esenti dalle misure intese a frenare le ambizioni nucleari iraniane. Tuttavia le sanzioni imposte alle banche iraniane hanno suscitato i timori delle banche occidentali per eventuali ritorsioni consequenziali all’intrattenimento di rapporti finanziari con l’Iran. Da qui parte il problema. Le compagnie iraniane non riescono ad acquistare medicinali proprio per l’impossibilità di trasferire denaro dalla Banca Centrale dell’Iran alle banche occidentali.
Ma c’è chi è pronto a giurare che le sanzioni non siano alla radice del problema ma che abbiano invece solamente accentuato la già esistente e precaria situazione economica, determinata dalla dilagante corruzione e dal malgoverno. Il mese scorso Mahmud Ahmadinejad ha radiato il Ministro della Salute Marziyeh Vahid Dastjerdi, il primo ministro donna della storia della Repubblica Islamica dell’Iran, che aveva accusato pubblicamente il governo di aver usato le riserve di moneta straniera in beni come automobili invece di impiegarli nell’acquisto di medicinali.
Sarah, un’iraniana che vive nello Stato americano della Georgia, ha raccontato alla BBC di come abbia escogitato un sotterfugio per aiutare il fratello di 60 anni, Ibrahim, che vive a Teheran. Ibrahim, dopo essere stato operato al cuore, prende la Qualaquin, un farmaco che gli permette di tenere attivo il pacemaker. Ma il medicinale non è più disponibile in Iran da qualche tempo. Allora Sarah si è fatto prescrivere il farmaco da un dottore negli Stati Uniti che non ha mai visitato suo fratello. Dopodiché ha incaricato un amico di famiglia di portare le pillole in Turchia dove a staffetta ha consegnato i medicinali ad un altro amico che a sua volta ha ricevuto il compito di recapitarle di persone a Ibrahim a Teheran.
Lo scorso Luglio morì per emofilia Manouchehr Esmaili-Liousi a soli 15 anni. La famiglia di Manouchehr, appartenente ad una tribù nomade della regione sudoccidentale del Khuzestan, non riuscì a trovare per tempo le medicine. Speriamo che non si debbano sentire altre notizie come quella di Manouchehr.
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