Un ragazzo. Un manifestante. Una voce alzata. Lui era Hussein al-Jaziri, un sedicenne ucciso questa mattina durante gli scontri con le forze governative a Dia, un villaggio sciita vicino a Manama. Nella manifestazione per il secondo anniversario dell’inizio della rivolta nel Bahrein, pallini di piombo lo hanno colpito, ammazzandolo.
Due anni di rivoluzione. Era il 14 febbraio 2011 quando il malcontento del popolo (a maggioranza sciita, circa il 70% dei 600mila abitanti) si unì in Piazza delle Perle per chiedere giustizia sociale al governo (dinastia sunnita al Khalifa). Allora la protesta – dichiarata dal governo come una strategia orchestrata dall’Iran per distruggere il Paese dall’interno – fu “gestita” grazie all’aiuto delle forze saudite ed emirate.
Arresti di blogger, gas tossici e sonic bombs sulla popolazione, carcere alle maestre che indicono uno sciopero. La strada per la libertà è costellata di dolore. “Ho documentato le violenze, gli omicidi, le torture“, ci ha raccontato Maryam al-Khawaja (leggi qui tutta l’intervista).
V.E.
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